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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO ESPOSIZIONE CAMPI ELETTROMAGNETICI

In base alla mansione svolta o ai luoghi di lavoro, i lavoratori di un’azienda possono essere esposti a campi elettromagnetici.

Il rischio da campi elettromagnetici (CEM) è un rischio che appartiene alle Radiazioni non Ionizzanti (all'interno delle quali vi sono anche le radiazioni ottiche, quali i raggi ultravioletti, le radiazioni che ricadono nella banda del visibile, i raggi infrarossi): esso è stato inglobato dal D.Lgs.81/2008 tra gli "Agenti Fisici" al Titolo VIII e in particolare dal Capo IV.

Cos’è il rischio esposizione campi elettromagnetici

In quasi tutti i luoghi di lavoro, il personale può essere esposto ai campi elettromagnetici che vengono generati ogniqualvolta si utilizza energia elettrica. Qualunque dispositivo, macchinario, impianto alimentato ad energia elettrica emette infatti campi elettrici, campi magnetici e campi elettromagnetici. Le sorgenti più comunemente conosciute sono, senza ombra di dubbio, gli elettrodotti e, in generale, gli apparati per la radiocomunicazione.

Se vengono superati certi valori limite, i campi elettromagnetici possono costituire dei rischi per la salute dei lavoratori e per questo motivo il D.Lgs. 81/2008 prevede una serie di norme per tutelare tutte quelle persone che lavorano in ambienti potenzialmente pericolosi.

Valutazione rischio esposizione campi elettromagnetici

L’identificazione dell'esposizione e la valutazione dei rischi è regolata dall'articolo 209. Il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi per i lavoratori derivanti da campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e, quando necessario, misurare o calcolare i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori (da 0 Hz a 300 GHz).

La valutazione disposta dal datore di lavoro dovrà essere compiuta almeno ogni quattro anni da personale che ha ricevuto un’idonea formazione tecnica e un addestramento qualificato nell’ambito della prevenzione e protezione. Se la valutazione dei rischi rivela che i valori limite di esposizione non sono stati superati e che non c’è il pericolo che si determinino rischi per la sicurezza dei lavoratori, il datore di lavoro pianifica un programma di azione attraverso il quale predisporre le misure tecniche e organizzative necessarie ad impedire che si verifichino esposizioni superiori ai valori limite.

Il datore di lavoro dovrà prestare particolare attenzione alla valutazione di tutti gli effetti per salute e la sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili, con particolare riferimento a soggetti portatori di dispositivi medici impiantati, attivi o passivi, o dispositivi medici portati sul corpo, e alle donne in gravidanza, avvalendosi della collaborazione del medico competente.

Tutti i lavoratori esposti ad agenti fisici devono essere sottoposti ogni anno a sorveglianza sanitaria, e per quelli che rivelano una particolare sensibilità al rischio, il medico competente deve elaborare una cartella sanitaria e di rischio personale.

Formazione Rischio esposizione campi elettromagnetici

L’art 210 bis riporta gli obblighi del DdL riguardo a  informazione e formazione dei lavoratori e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza circa gli effetti indiretti dell'esposizione,  la possibilità di sensazioni e sintomi transitori dovuti a effetti sul sistema nervoso centrale e periferico, e in merito alla possibilità di rischi specifici nei confronti di lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio, quali soggetti portatori di dispositivi medici o di protesi metalliche e le lavoratrici in stato di gravidanza.

Il corso “Formazione dei lavoratori” consente al datore di lavoro di assolvere gli obblighi previsti dal comma 1 dell’art. 36, 37 del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di formazione dei propri lavoratori, ed è il primo passo del percorso formativo obbligatorio per i lavoratori.

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Contattaci allo 0932/862613, inviando una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o su www.promotergroup.eu/contattaci

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO ESPOSIZIONE AMIANTO

L’amianto ( o asbesto) è una sostanza chimica fibrosa utilizzata fino agli inizi degli anni novanta per realizzare diverse strutture in quanto considerato un materiale versatile e a basso costo. Le caratteristiche di pericolosità dell’amianto non erano note fino a poco tempo fa e sono legate proprio alla struttura della sostanza in fibre che tende a sfaldarsi provocando danni alla salute.

Cos’è il rischio esposizione amianto

La sola presenza di amianto non rappresenta in sé una fonte di pericolo: la potenziale pericolosità è legata allo sfaldamento dei materiali che lo contengono. L'amianto infatti tende a sfaldarsi facilmente e, nel momento in cui questo avviene, rilascia nell'aria le proprie fibre e le polveri che, se inalate, possono provocare alterazioni a livello dell’apparato respiratorio e polmonare.

Una volta riconosciute le sue caratteristiche di pericolosità si è provveduto, con la legge 257 del 27 Marzo 1992, a vietarne l’utilizzo, l’importazione e la commercializzazione.

Ai sensi dell'articolo 8, i datori di lavoro provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto in sospensione nell'aria superiore a 0,1 fibre per cm3, misurata in rapporto a una media ponderata nel tempo di riferimento di 8 ore (TWA).

Quando il valore limite fissato viene superato, il datore di lavoro deve individuare le cause del superamento e adottare il più presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati. Se l’esposizione non può essere ridotta con altri mezzi e per rispettare il valore limite è necessario l’uso di un dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo tale da garantire tutte le condizioni di sicurezza; l’utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodi di riposo adeguati all’impegno fisico richiesto dal lavoro; l’accesso alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione.

I lavori di demolizione e di rimozione dell'amianto possono essere effettuati solo da soggetti iscritti all'albo delle imprese che effettuano la bonifica dei materiali contenenti amianto ai sensi dell'articolo 212 del d.lgs. n.152/2006.

La rimozione sconsiderata dell’asbesto, seguita all’entrata in vigore del D.Lgs 257/92, svolta da personale inesperto, non adeguatamente protetto e non al corrente del rischio da esposizione, ha in molti casi in passato generato problemi ben più significativi di quelli che sarebbero forse derivati evitando di movimentarlo.

Valutazione rischio esposizione amianto

La valutazione del rischio amianto nei luoghi di lavoro, è definita nell’art 249 del D.Lgs 81/08 in cui viene esplicitamente ricordato l’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi .

A tal fine il datore di lavoro ha l’obbligo, nell’impossibilità di procedere all’eliminazione del materiale pericoloso, di informare i lavoratori rispetto alla presenza del pericolo, di far effettuare una certificazione dello stato di integrità dell’amianto e di procedere comunque a monitoraggi ambientali e biologici per valutare la presenza di fibre di amianto nell’aria e nell’organismo dei lavoratori.

Nella valutazione del rischio il datore di lavoro deve valutare i rischi dovuti alla polvere proveniente dall’amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da attuare.

In collaborazione con il Medico Competente, il datore di lavoro elabora un opportuno piano di campionamento e di sorveglianza sanitaria, per monitorare nel tempo i livelli di amianto presenti.

Altro aspetto importante riguarda la sorveglianza sanitaria. Essa è necessaria:

  • prima che il lavoratore sia adibito a svolgere le attività di manutenzione, rimozione, smaltimento di amianto (o di materiali che lo contengono) e trattamento dei relativi rifiuti;
  • ogni tre anni o con periodicità stabilita dal medico competente.

Formazione Rischio esposizione amianto

Il D. Lgs 81/2008 impone l’obbligo di informazione, formazione e addestramento di tutto il personale impiegato. È fondamentale formare e informare i lavoratori in relazione al rischio derivato all’esposizione dell’amianto.

Il corso “Formazione dei lavoratori” consente al datore di lavoro di assolvere gli obblighi previsti dal comma 1 dell’art. 36, 37 del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di formazione dei propri lavoratori, ed è il primo passo del percorso formativo obbligatorio per i lavoratori.

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Mercoledì, 05 Maggio 2021 10:39

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: IL RISCHIO BIOLOGICO

 

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: IL RISCHIO BIOLOGICO

Il rischio biologico è legato alla possibilità che ha l'agente biologico di penetrare nell'organismo e di provocare danni più o meno gravi sia nei confronti della salute dei lavoratori che della popolazione in generale. L’esposizione ad agenti biologici (microrganismi, colture cellulari ed endoparassiti umani) può provocare patologie di natura infettiva, allergica, tossica e cancerogena.

Agenti biologici definizione

Secondo la definizione del Decreto legislativo 81/2008 (articolo 267), per agente biologico si intende qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni. La classificazione di pericolosità degli agenti biologici si sviluppa su quattro gruppi di rischio, in considerazione delle caratteristiche intrinseche di infettività, patogenicità (potenzialità di causare malattie una volta in contatto con l’organismo ospite), virulenza, trasmissibilità e neutralizzabilità.

Il virus SARS-CoV-2 è stato inserito nel gruppo 3. Il Datore di Lavoro deve predisporre una attenta valutazione dei rischi che tenga in considerazione sia l’impiego deliberato che l’esposizione accidentale, analizzando i rischi per gli operatori e la possibilità di una contaminazione e propagazione nell’ambiente.

Valutazione rischio biologico in ambito lavorativo

La valutazione del rischio da esposizione ad agenti di tipo biologico è relativa al pericolo derivante dal contatto intenzionale o potenziale con microorganismi uni e pluricellulari, muffe, funghi e parassiti che in qualche modo possono rappresentare un rischio per la salute dell’uomo, dell’ambiente e degli operatori professionali che più o meno deliberatamente vi sono esposti durante le attività lavorative. Il Datore di Lavoro responsabile delle attività produttive o di ricerca ove sia stato mappato un rischio biologico, deve elaborare opportune misure di prevenzione e di contenimento. In linea generale vengono definite barriere di protezione tutte le misure adottate e adottabili dal Datore di Lavoro che siano rivolte a ridurre o evitare il rischio di esposizione per il lavoratore e di propagazione nell’ambiente. Le barriere di protezione si distinguono quindi in Barriere di Protezione Primaria, che comprendono tutte le misure necessarie a evitare l’esposizione del lavoratore, e Barriere di Protezione Secondaria, che comprendono invece le misure necessarie a evitare la dispersione in ambiente dell’agente biologico, sia in condizioni di normale operatività che in condizioni di emergenza.

Formazione rischio biologico

Per quanto concerne la prevenzione, un aspetto fondamentale è quello dell’attenzione alla formazione del personale potenzialmente esposto, che deve essere messo sempre a conoscenza sia delle potenziali sorgenti di infezioni (dirette o veicolate che siano) che dei possibili rischi da esposizione. Per le aziende a rischio biologico è obbligatoria la sorveglianza sanitaria, che comprenda l’effettuazione di monitoraggi biologici periodici, definiti dal Medico Competente e dal datore di Lavoro, sulla base degli scenari di esposizione specifici, i cui risultati devono essere comunicati al lavoratore esposto. Il D. Lgs 81/2008 impone l’obbligo di informazione, formazione e addestramento di tutto il personale impiegato. È fondamentale formare e informare i lavoratori in relazione al rischio biologico.

Il corso “Formazione dei lavoratori” consente al datore di lavoro di assolvere gli obblighi previsti dal comma 1 dell’art. 36, 37 del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di formazione dei propri lavoratori, ed è il primo passo del percorso formativo obbligatorio per i lavoratori.

Promotergroup S.p.A. mette a disposizione del datore di lavoro consulenti esperti che aiuteranno a creare il documento di valutazione del rischio. Il consulente guida il datore di lavoro nell’individuazione delle misure generali e specifiche di protezione e prevenzione, come indicato dal D. Lgs. 81/2008.

Per maggiori informazioni potete contattarci allo 0932/862613, inviando una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o su www.promotergroup.eu/index.php/contattaci

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Mercoledì, 21 Aprile 2021 10:46

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO INCENDIO

 

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO INCENDIO

Partiamo dalla distinzione tra pericolo d’incendio, rischio d’incendio e valutazione dei rischi d’incendio:

- il pericolo d’incendio si riferisce alla proprietà o qualità intrinseca di determinati materiali od attrezzature, oppure metodologie e pratiche di lavoro o di utilizzo di ambienti di lavoro, che presentano il potenziale di causare un incendio;

- il rischio d’incendio fa riferimento alle probabilità di raggiungimento dell’evento dannoso e alle conseguenze correlate, misurabili con una magnitudo determinata nei confronti di persone e/o cose;

- la valutazione dei rischi fa riferimento al procedimento di valutazione del livello di possibilità di accadimento di un incendio e alle potenziali conseguenze connesse all’evento.

 

Valutazione rischio incendio

Direttamente coinvolto nel processo di valutazione del rischio incendio e di gestione delle emergenze è come sempre il Datore di Lavoro, o l’eventuale dirigente che può ricevere delega ai sensi dell’art 16 del D.Lgs 81/08 per la gestione degli aspetti dell’antincendio.

La normativa di riferimento che regolamenta tutti gli aspetti della gestione del rischio incendio è il Decreto Ministeriale 10/03/1998, ancora ad oggi in vigore, all’interno del quale (nell’Allegato I) si possono individuare i criteri utilizzabili dalle aziende per effettuare la valutazione del Rischio Incendio e la relativa classificazione.

In base alla valutazione dei rischi è possibile poi classificare il livello del rischio d’incendio di un determinato luogo di lavoro (ovvero parte di esso), in una delle seguenti categorie:

  • livello di rischio basso: “si intendono a rischio di incendio basso i luoghi di lavoro, o parte di essi, in cui sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità e le condizioni locali e di esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di principio di incendio ed in cui, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata”.
  • livello di rischio medio: “si intendono a rischio di incendio medio i luoghi di lavoro, o parte di essi, in cui sono presenti sostanze infiammabili e/o condizioni locali e/o di esercizio che possono favorire lo sviluppo di incendi, ma nei quali, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata”;
  • livello di rischio elevato: “si intendono a rischio di incendio elevato i luoghi di lavoro, o parte di essi, in cui per presenza di sostanze altamente infiammabili e/o condizioni locali e/o di esercizio sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendi e nella fase iniziale sussistono forti probabilità di propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luogo a rischio di incendio basso o medio”.

 

Formazione Rischio Incendio

Il datore di lavoro, designa uno o più lavoratori incaricati nell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze. I suddetti soggetti devono ricevere un’adeguata e specifica formazione, come da art. 37, c. 9 del D. Lgs. 81/08 e D.M. 10/3/1998, al fine di conoscere l’iter di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato e delle operazioni generali in caso di emergenza.

I corsi di “Addetto prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze” sono di tre tipologie: RISCHIO BASSO, RISCHIO MEDIO e RISCHIO ALTO. I lavoratori incaricati a tale attività devono ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico da effettuare ogni 3 anni.

Le ore di formazione previste variano in base al rischio e precisamente:

  • Antincendio Rischio basso nuovo: 4 ore - aggiornamento: 2 ore;
  • Antincendio Rischio medio nuovo: 8 ore - aggiornamento: 5 ore;
  • Antincendio Rischio alto nuovo: 16 ore - aggiornamento: 8 ore. Per il rischio alto è previsto un esame teorico pratico presso il comando dei vigili del fuoco territorialmente competente.

Nello specifico per il rischio medio e alto è prevista una parte di addestramento pratica (comprese nelle ore totali)

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHI PER ESPOSIZIONE AL RUMORE

L’esposizione prolungata nel tempo a livelli significativi di rumore in ambiente di lavoro può provocare effetti negativi sulla salute, tra i quali il più conosciuto è la diminuzione permanente della capacità uditiva o ipoacusia da rumore, che rappresenta ancora oggi una delle malattie professionali più diffuse.

 

Cos’è il rischio rumore

Il rumore si può definire come un fenomeno acustico sgradito che consiste nella propagazione di perturbazioni di pressione nell’aria sotto forma di onde elastiche, con trasporto di energia. Nell’aria, la velocità di propagazione è di circa 343 m/s (alla temperatura di 20 C°). Il rumore viene considerato come una tipologia di inquinamento ambientale (inquinamento acustico) ed è presente in molti ambiti lavorativi, nonché domestici, tanto che è considerato come un rischio tra i più diffusi, inoltre non sempre è così immediato riuscire a distinguere le fonti del rumore legato all’ambito professionale da quello derivante da situazioni parallele e contestuali. Il rischio rumore non deve essere sottovalutato in quanto gli effetti sulla salute del lavoratore possono essere anche piuttosto gravi nonché irreversibili. Gli effetti di esposizione a rumore a livelli superiori agli 85 Db (valore superiore d’azione) prolungata nel tempo possono essere di tipo prettamente uditivo (sordità o ipoacusia da rumore) o di tipo extra-uditivo (sono meno specifici, possono cioè avere anche cause non professionali; fra i più importanti, l’ipertensione, l’eretismo psichico, cioè nervosismo e ansia, l’insonnia, l’aumento della secrezione gastrica con iperacidità). Le patologie legate ad esposizione a rumore (ipoacusia in primis) risultano essere fra quelle più frequentemente indennizzate dall’INAIL: le stesse risultano essere, salvo rari casi, irreversibili.

Valutazione rischio rumore in ambito lavorativo 

La valutazione rischio rumore rientra negli obblighi del Datore di lavoro, che deve integrare la suddetta valutazione nella redazione del DVR (Dichiarazione di Valutazione dei Rischi) aziendale. Tale valutazione, negli ambienti di lavoro, è trattata nel del D.Lgs. 81/08 all’interno dei rischi da agenti fisici. La valutazione rischio rumore deve essere programmata ed effettuata con cadenza almeno quadriennale. Una corretta valutazione del rischio viene eseguita “in conformità alle indicazioni della norma UNI EN ISO 9612:2011 che propone un metodo tecnico progettuale per la misurazione dell'esposizione al rumore dei lavoratori nell'ambiente di lavoro ed il calcolo del livello di esposizione sonora”. Occorre tener conto anche della norma UNI 9432:2011 “da considerarsi complementare alla norma UNI EN ISO 9612:2011”. La norma ISO 1999:1990 invece consente il calcolo previsionale del danno corrispondente ad una determinata esposizione di lungo periodo al rumore.

Gli effetti nocivi del rumore sull’uomo dipendono dai seguenti fattori:

 1) intensità del rumore;

 2) frequenza del rumore;

 3) durata nel tempo dell’esposizione al rumore;

4) fattori ambientali (esposizione contestuale a vibrazioni WBA o HAV)

5) esposizione contestuale a rumori impulsivi

6) esposizione occupazionale a sostanze ototossiche (presenti in solventi, metalli, nei gas asfissianti)

7) fattori legati al lavoratore (assunzione di farmaci relativamente alla formulazione dei quali può riscontrarsi la presenza di principi attivi classificati come ototossici, ad es. in alcuni antibiotici o nei cosiddetti FANS).

Per la valutazione rischio rumore, il Datore di lavoro deve rivolgersi a un tecnico, che effettui delle misurazioni strumentali (indagine fonometrica) e caratterizzi la reale esposizione, ponderata sulla durata del turno lavorativo (Lex8h) sul luogo di lavoro.

Il D.Lgs.81/08 fissa tre soglie di esposizione: il valore inferiore d’azione pari a 80 dB(A), il valore superiore d’azione pari a 85 dB(A) e il valore limite pari a 87 dB(A). Allo stesso modo, sono speculari i valori inferiore e superiore d’azione ed il valore limite di esposizione per i rumori di picco (rispettivamente 135 dB(A), 137 dB(A), 140 dB(A). Esistono dispositivi in grado di proteggere efficacemente da rumori elevati ma quel che risulta importante è che la scelta dei dispositivi da adottare sia effettuata con attenzione ed in relazione al reale livello di decibel da abbattere, in modo da non essere né ipo-protettivi né iper-protettivi, e per poter rientrare nei limiti previsti. Un esempio di dpi per il rumore sono i protettori auricolari. Il Datore di Lavoro ha l’obbligo di mettere a disposizione gli otoprotettori (inserti auricolari o cuffie antirumore) se l’indagine fonometrica evidenzia l’esposizione, per i lavoratori, a valori compresi fra il livello inferiore e superiore d’azione, mentre vige l’obbligo di indossare gli stessi quando si è esposti a livelli di rumore pari o superiori a Leq 85 dB(A). Questa regola è più restrittiva rispetto al valore limite di esposizione al rumore Leq 87 dB(A), ma presenta il vantaggio di essere molto semplice e dunque facile da applicare.

In particolare quando si sceglie un protettore auricolare è necessario tener conto di alcuni fattori al fine di garantire un sufficiente grado di protezione per le persone esposte:

-  confort d’uso;

- tipologia lavorativa;

- attenuazione sonora necessaria in base alla tipologia di rumore.

L’esposizione a rumore, configurandosi come rischio per la salute per i lavoratori, impone al Datore di Lavoro l’obbligo di procedere alla relativa sorveglianza sanitaria; in particolare, per esposizioni comprese fra il livello inferiore e superiore d’azione (80dB<Leq<85dB) la visita medica deve essere svolta su richiesta del lavoratore o su indicazione del Medico Competente, mentre risulta obbligatoria per esposizione professionale a valori maggiori del livello superiore d’azione.

Formazione Rischio rumore

Il D. Lgs 81/2008 impone l’obbligo di informazione, formazione e addestramento di tutto il personale impiegato. Nelle aziende con esposizione al rischio rumore è importante informare e istruire i dipendenti sui pericoli del rumore.

Il corso “Formazione dei lavoratori” consente al datore di lavoro di assolvere gli obblighi previsti dal comma 1 dell’art. 36, 37 del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di formazione dei propri lavoratori, ed è il primo passo del percorso formativo obbligatorio per i lavoratori.

Promotergroup S.p.A. mette a disposizione del datore di lavoro consulenti esperti che aiuteranno a creare il documento di valutazione del rischio. Il consulente guida il datore di lavoro nell’individuazione delle misure generali e specifiche di protezione e prevenzione, come indicato dal D. Lgs. 81/2008.

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Mercoledì, 24 Marzo 2021 11:36

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO CHIMICO

 

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO CHIMICO

 

 

Il rischio chimico è sicuramente uno dei rischi più diffusi nel mondo del lavoro e nei nostri ambienti di vita e studio. Infatti il rischio chimico sul posto di lavoro non riguarda esclusivamente le industrie chimiche, le raffinerie o i laboratori di ricerca, ma uno specchio più ampio di ambiti lavorativi.

Cos’è il rischio chimico

Per agente chimico si intendono gli elementi o composti chimici utilizzati o smaltiti mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato (definizione agente chimico art. 222 del D. Lgs 81/08).

Il rischio chimico è detto irrilevante per la salute quando può essere associato a condizioni di lavoro nelle quali l'esposizione agli agenti chimici pericolosi è ampiamente al di sotto dei valori limite di esposizione individuati dalla normativa.

A motivo di questa diffusione si è reso da tempo necessario un sistema univoco di classificazione degli agenti chimici, che prevede una prima macro-distinzione in due classi:

  • gli agenti con proprietà pericolose di tipo chimico-fisico, a loro volta declinati in agenti infiammabili, esplosivi, comburenti e corrosivi;
  • gli agenti con proprietà tossicologiche, ulteriormente distinti a loro volta in sostanze nocive, sensibilizzanti, irritanti, tossiche, teratogene e cancerogene.

Valutazione rischio chimico in ambito lavorativo

Nella valutazione del rischio chimico, il datore di lavoro è tenuto a determinare in via preliminare l'eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro.

Un primo strumento per l'immediata valutazione della pericolosità eventuale di un prodotto chimico è costituito dall'etichettatura, così come ridefinita dal regolamento europeo (REACH e CLP) di recente definitiva introduzione, in vigore dal 01 giugno 2015, che definisce nove diversi pittogrammi di rischio, ognuno dei quali illustra una tipologia di pericolo associata alle proprietà intrinseche della sostanza. Sono riconoscibili per la loro forma romboidale in campo bianco con cornice rossa.

Il processo di valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici si articola su tre fasi fondamentali:

  1. Valutazione del pericolo: avviene attraverso un’attenta e scrupolosa analisi della Scheda di Sicurezza del prodotto, dove sono elencate e descritte tutte le proprietà di pericolo della sostanza in fase di analisi.
  2. Valutazione dell’esposizione: tiene conto delle modalità attraverso le quali i lavoratori possono entrare in contatto con la sostanza chimica a cui sono esposti, della frequenza di utilizzo e della quantità massima consentita;
  3. Caratterizzazione del rischio: valutazione rischio chimico D. Lgs 81/08

Formazione Rischio chimico

Il D. Lgs 81/2008 impone l’obbligo di informazione, formazione e addestramento di tutto il personale impiegato. È fondamentale formare e informare i lavoratori in relazione al rischio chimico.

Il corso “Formazione dei lavoratori” consente al datore di lavoro di assolvere gli obblighi previsti dal comma 1 dell’art. 36, 37 del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di formazione dei propri lavoratori, ed è il primo passo del percorso formativo obbligatorio per i lavoratori.

Promotergroup S.p.A. mette a disposizione del datore di lavoro consulenti esperti che aiuteranno a creare il documento di valutazione del rischio. Il consulente guida il datore di lavoro nell’individuazione delle misure generali e specifiche di protezione e prevenzione, come indicato dal D. Lgs. 81/2008.

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHI LAVORI IN QUOTA

L’art. 107 definisce i lavori in quota come quelle attività lavorative che espongono il lavoratore al rischio di caduta da una altezza superiore a due metri rispetto ad un piano stabile, ne sono quindi compresi anche le attività di scavo che prevedono profondità superiori a quella sopra indicata.

Sicurezza Lavori in quota

Porre attenzione alla sicurezza nei lavori in quota è fondamentale soprattutto nei cantieri temporanei e mobili, dove le lavorazioni in altezza vengono svolte quotidianamente ed interessa tutte le attività lavorative che espongono i lavoratori a rischi di caduta da un’altezza superiore a 2 metri, in particolare i manutentori di fabbricati e/o di impianti.

Rischi lavori in quota

I Lavori in quota possono esporre i lavoratori a rischi particolarmente gravi per la loro salute e sicurezza. I rischi lavori in quota, nello specifico i rischi di caduta dall’alto, rappresentano una percentuale altissima di infortuni, soprattutto mortali, sui luoghi di lavoro, in seguito alla perdita di equilibrio del lavoratore e/o all’assenza di adeguate protezioni (collettive o individuali). Nella fase di arresto della caduta infatti le decelerazioni devono essere contenute entro i limiti sopportabili senza danno del corpo umano.

I rischi lavori in quota, che raggiungono il loro massimo nei cantieri temporanei e mobili, interessano tutte le attività lavorative che espongono i lavoratori a rischi di caduta da un’altezza superiore a 2 metri, in particolare i manutentori di fabbricati e/o di impianti. È fondamentale che gli addetti, in relazione alle protezioni adottate dal datore di lavoro, operino nel rispetto delle indicazioni da questi fornite e nel rispetto delle informazioni fornite dal costruttore nel caso vengano utilizzati dei dispositivi di protezione individuale. Si ricorda che l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto è subordinato all’avvenuto addestramento dell’operatore.

Nei rischi lavori in quota, il rischio di sospensione si presenta quando l’operatore cade ma viene sorretto da funi di sicurezza così da non impattare al suolo. Tuttavia questa sospensione può compromettere la circolazione sanguigna degli arti inferiori, una causa della compressione prolungata esercitata dall’imbracatura stessa.

Quando esiste il rischio di caduta, può accadere che il lavoratore, sottoposto al cosiddetto “effetto pendolo”, possa urtare contro un ostacolo o al suolo.

Altro rischio è quello dell’ambiente circostante come la caduta di oggetti dall’alto, superfici scivolose, esposizione a cariche elettriche ambientali ecc…

Formazione rischi lavori in quota

Così come già per altre tipologie di rischio, viene data particolare evidenza agli aspetti relativi alla formazione ed informazione dei lavoratori, dei preposti e dei dirigenti; formazione che assume carattere prioritario in questo ambito, per gli elementi che costituiscono il corretto impiego dei Dispositivi di Protezione Individuali, che devono essere obbligatoriamente utilizzati qualora non sia stato possibile per motivi tecnici adottare idonee misure di protezione collettiva.

Il corso “Lavori in Quota” ha una durata di 6 ore e viene svolto in aula. Si rivolge agli addetti al montaggio e smontaggio di ponteggi soggetti agli obblighi di tipo formativo.

Il corso in oggetto rientra negli obblighi di formazione ed addestramento, da parte del Datore di Lavoro, per i lavoratori che effettuano tali lavorazioni, utilizzando attrezzature specifiche (ad esempio PLE, Trabattelli, Ponteggi) per le quali è obbligatorio, appunto, l'addestramento, nonché dispositivi di protezione individuale di III categoria (quali Imbracature, Sistemi di ritenuta, ecc.), per i quali è parimenti prevista una formazione ed addestramento specifici in relazione al loro utilizzo.

Gli obblighi di formazione ed addestramento sono definiti dal D. Lgs. 81/08, agli art.36 (informazione dei lavoratori), 37 (formazione dei lavoratori) ed in maniera specifica per i punti descritti sopra agli art. 73 (informazione, formazione, addestramento per utilizzo attrezzature da lavoro) e 77, in part. comma 4 lett. h (obblighi del Datore di Lavoro relativamente all'uso dei dpi).

Chi non adempie agli obblighi previsti per legge rischia l'arresto da 2 a 4 mesi e con l'ammenda da 1000 a 4800 euro.

Per maggiori informazioni potete contattarci allo 0932/862613, inviando una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o su www.promotergroup.eu/index.php/contattaci

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

Per Movimentazione Manuale dei carichi si intende qualsiasi tipo di attività che comporti operazioni di sollevamento di un peso, ma anche le azioni di trascinamento, spinta o spostamento che possano dare origine a disturbi e patologie soprattutto a carico della colonna vertebrale, oltre che a carico delle articolazioni e dei muscoli.

Il Rischio da Movimentazione manuale dei carichi viene trattato nel titolo VI del D.Lgs 81/08, e approfondito nell’allegato XXXIII dello stesso decreto.

Tutti gli addetti all’attività di movimentazione dei carichi devono avere l’idoneità fisica, indossare indumenti e calzature adeguati e aver ricevuto la formazione e l’addestramento così come previsto dalla normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Va ricordato inoltre che fanno parte di questo titolo anche i rischi derivanti da Movimenti ripetitivi e continuati, che possono dare origine anch’essi a patologie osteoarticolari, tendinee e muscolari anche gravi e perduranti.

I rischi della Movimentazione manuale dei carichi

Le operazioni di sollevamento e trascinamento di un peso (pari a 3 kg o superiore) potrebbero causare disturbi e patologie, anche gravi e soprattutto a carico della colonna vertebrale, delle articolazioni e dei muscoli.

Al di sotto di tale peso il rischio per la schiena può essere generalmente considerato trascurabile.

Gli elementi che sono da considerare e che contribuiscono alla definizione del livello di rischio connesso alla attività di movimentazione manuale dei carichi, sono i seguenti:

  • Caratteristiche del carico: troppo pesante (maggiore di 30 Kg per gli uomini, 20 Kg per le donne), troppo ingombrante, instabile, difficile da afferrare, troppo caldo/freddo, ecc.;
  • Posizioni che si assumono nel sollevamento: schiena flessa, torsione del tronco, distanza eccessiva del carico dal tronco, ecc.;
  • Entità dello sforzo fisico: alta frequenza delle azioni di sollevamento o tempi prolungati di sollevamento, distanza percorsa trasportando il carico;
  • Caratteristiche dell’ambiente di lavoro: presenza di dislivelli (scale, gradini isolati, ecc.), stato delle pavimentazioni, microclima non ottimale ecc.

Obblighi del datore di lavoro per Movimentazione manuale dei carichi

Il datore di lavoro deve effettuare una valutazione del rischio allo scopo di adottare tutti gli interventi di prevenzione e protezione necessari per limitare o annullare eventuali danni alla salute dei lavoratori. Pertanto il datore di lavoro ha l’obbligo di eliminare o comunque ridurre il rischio utilizzando ausili meccanici di sollevamento (paranchi, gru, piattaforme) o di spinta e trasporto (carrelli e muletti) del carico.

Fondamentale è anche organizzare gli ambienti di lavoro per far sì che ogni attività di movimentazione, specie se meccanizzata, avvenga in totale sicurezza senza rischiare interferenza fra mezzi di movimentazione e personale a terra e comunque limitando i rischi potenziali quali urti, scivolamenti o cadute di nessun genere. 

Formazione Rischio Movimentazione manuale dei carichi

Il rischio da movimentazione manuale dei carichi obbliga il datore di Lavoro a sottoporre i lavoratori esposti alla sorveglianza sanitaria, la cui periodicità e modalità sono come sempre da elaborare in collaborazione con il Medico Competente aziendale.

Inoltre, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l’addestramento adeguato in merito alle corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione manuale dei carichi [art. 169, comma 2].

La sanzione per la mancata valutazione di questo rischio è: arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 €.

La sanzione per la mancata formazione e addestramento dei lavoratori è: arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.200 a 5.200 €.

Il corso Formazione lavoratori è obbligatorio per tutti i lavoratori e deve effettuarsi ogni 5 anni.

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Mercoledì, 24 Febbraio 2021 09:00

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO VIDEOTERMINALE

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO VIDEOTERMINALE

Per videoterminale si intende: “uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato”. Si definisce lavoratore al videoterminale “il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per almeno venti ore settimanali." 

Rischi videoterminale

I rischi legati al videoterminale sono dipendenti dalle sue componenti (schermo, tastiera, mouse, altre periferiche) oltre che dalle caratteristiche dei software installati, mentre l’ambiente comprende la postazione di lavoro (essenzialmente scrivania e seduta) e quanto c’è intorno (luce ambientale, microclima, spazi di lavoro e di movimento, ambiente sonoro, ecc.). Numerosi studi hanno confermato che l’utilizzo costante del videoterminale può causare disturbi visivi, disturbi muscolo-scheletrici, fatica mentale e stress.

L’astenopia comunemente conosciuta come fatica visiva, è un rischio da videoterminale, causata dall’eccessivo sforzo dei muscoli oculari richiesto dall’azione. Può provocare una serie di sintomi quali bruciore agli occhi, ammiccamento frequente, lacrimazione, fastidio alla luce, visione annebbiata.

Infatti, lavorare ininterrottamente per un certo numero di ore davanti ad un videoterminale influisce sull’affaticamento visivo. Quindi per rilassare un po’ gli occhi e distendere i muscoli oculari dell’accomodamento e della convergenza, bisogna fissare ogni tanto un punto lontano. Dopo ogni 20 minuti di lavoro, bisogna osservare un oggetto ad almeno 20 metri di distanza per almeno 20 secondi. In tal modo i muscoli oculari possono rilassarsi: è importante sospendere regolarmente il lavoro al videoterminale per indirizzarsi ad attività che non richiedano un forte impegno visivo.

Obblighi del datore di lavoro per rischio videoterminale

Il datore di lavoro, all’atto della valutazione dei rischi, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:

  • Ai rischi per la vista e gli occhi
  • Ai problemi legati alla postura e all’affaticamento visivo o mentale
  • Alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale e adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati

In base ai rischi riscontati attraverso la valutazione, deve adottare le misure appropriate affinché il rischio possa essere eliminato ove questo non fosse possibile, ridotto al massimo. Il lavoratore deve effettuare interruzioni della sua attività al videoterminale mediante pause ovvero cambiamento di attività. Chi svolge la propria attività al computer per almeno 20 ore settimanali ha diritto ad una pausa di 15 minuti ogni 2 ore, salvo casi particolari in cui il medico competente stabilisce una frequenza diversa. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite a livello individuale dal medico competente. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrande dell’orario di lavoro. È importante che non vi siano riflessi sullo schermo per cui è opportuno evitare di sistemare la postazione al videoterminale avendo alle spalle una finestra o frontalmente per evitare fenomeni di abbagliamento.

Sorveglianza sanitaria videoterminali

La sorveglianza sanitaria è prevista per chiunque operi al videoterminale. Prima che inizino a lavorare con il videoterminale, gli operatori hanno l’obbligo di sottoporsi alla sorveglianza sanitaria, necessaria ad ottenere attraverso il giudizio medico competente l’idoneità a svolgere il proprio lavoro. Le visite hanno una frequenza quinquennale per i lavoratori classificati come idonei, mentre per chi è stato classificato idoneo con prescrizioni o chi ha superato il cinquantesimo anno di età, la frequenza è biennale. Scopo della visita è evidenziare eventuali alterazioni cui il soggetto sia portatore e correggerle. La visita comprende un esame della vista.

Formazione Rischi Videoterminale

Il datore di lavoro deve informare e formare adeguatamente il lavoratore in particolare su:

  • Misure di prevenzione che possono essere applicate al posto di lavoro in base alla valutazione del rischio effettuata;
  • Le modalità di svolgimento dell’attività
  • La protezione degli occhi e della vista

Il corso Formazione lavoratori è obbligatorio per tutti i lavoratori e deve effettuarsi ogni 5 anni.

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Mercoledì, 17 Febbraio 2021 15:23

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO ELETTRICO

PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO ELETTRICO

 

Il rischio elettrico deriva dal contatto diretto o indiretto con una parte attiva e non protetta di un impianto elettrico. Pertanto qualsiasi lavoro in prossimità di una fonte di alimentazione di natura elettrica, si parla di esposizione al rischio elettrico. Gli eventuali danni all’organismo che possono verificarsi in seguito ad un incidente di natura elettrica, variano in base alla durata dell’esposizione, alla frequenza ed all’intensità della corrente. Si parla quindi di rischio folgorazione (o elettrocuzione) quando vi è passaggio di corrente attraverso il corpo, in questo caso si possono manifestare danni cardiaci (fibrillazione), muscolari (tetanizzazione) e nervosi con seria compromissione delle funzioni sensitive e motorie.

Danni meno significativi si possono avere per contatti brevi o per correnti di bassa intensità, sono generalmente localizzati nel punto di contatto e possono manifestarsi con ustioni locali o ipersensibilizzazione della zona colpita dalla scarica. Esistono tuttavia alcune tipologie di attività per le quali questo rischio è più significativo, come per esempio, il settore dell’edilizia, gli istituti ospedalieri, le carrozzerie meccaniche ed il settore metalmeccanico in genere. La presenza di energia elettrica ha alcune caratteristiche che lo rendono particolarmente temibile.

La prima di queste consiste proprio nella diffusione dell’energia elettrica, tanto capillare che è difficile pensare ad ambienti completamente esenti da tale rischio.
Vi è poi il fatto che l’elettricità è generalmente invisibile, ad eccezione di casi particolari e può essere causa di incidenti e infortuni anche a distanza dall’impianto o dall’apparecchio predisposti per utilizzarla.
Le conseguenze di un infortunio di origine elettrica, purtroppo, possono essere mortali.

In Italia avvengono mediamente circa 400 infortuni mortali per elettrocuzione ogni anno. Il 4-5% degli infortuni da elettricità ha esito mortale e circa il 10 – 15% d tutti gli incendi hanno origine dall’impianto elettrico o dagli apparecchi elettrici utilizzati.

Molti infortuni hanno origine elettrica, ma non figurano nelle statistiche tra quelli dovuti all’elettricità, perché classificati in base all’agente che li ha provocati.

 Ad es:

  • Caduta dall’alto
  • Morte per schiacciamento
  • Cause connesse con la mancanza di energia elettrica
  • Esplosione

Il contatto diretto è ritenuto il più pericoloso.

Normativa Rischio elettrico

Dove è presente questo rischio, decorrono automaticamente gli obblighi previsti dal capo III del D.Lgs 81/2008 ed in particolare le misure di prevenzione e protezione ascrivibili al Datore di Lavoro di cui all’art 18.

La normativa che regolamenta tutti gli aspetti relativi alle apparecchiature elettriche è piuttosto vasta. Evitando di spingersi troppo indietro nel tempo, è possibile ricondurre una buona parte dell’attuale regolamentazione alla legge nr 46 del 05 marzo 1990 “Norme per la sicurezza degli impianti” successivamente rivista e abrogata dal D.Lgs 37 del 22 gennaio 2008 “Conformità impianti e apparecchiature/impianti elettrici/messa a terra/verifiche periodiche”. Si tratta di norme tecniche che definiscono i requisiti obbligatori per legge degli impianti e delle attrezzature nonché la periodicità delle manutenzioni e delle verifiche da effettuare.

Gli aspetti relativi agli obblighi delle aziende, e alle misure preventive e protettive, sono definiti all’interno del D.Lgs 81/08, negli articoli dall’80 all’87.

È importante che datori di lavoro, responsabili del servizio di prevenzione e protezione, valutino e gestiscano il rischio in ambito lavorativo.

Formazione Rischio elettrico

Il D. Lgs. 81/2008 impone l’obbligo di informazione, formazione e addestramento di tutto il personale impiegato. È fondamentale formare e informare i lavoratori in relazione ai rischi elettrici.

Il corso “PES / PAV / PEI (Persona: Esperta / Avvertita / Idonea) è rivolto al personale che effettua lavori in prossimità, sotto e fuori tensione.

Per PAV – Persona Avvertita si fa riferimento ad una persona adeguatamente avvisata da persone esperte, al fine di evitare i pericoli che l’elettricità può creare;

Per PES – Persona Esperta si fa riferimento ad una persona con istruzione, conoscenza ed esperienza rilevanti tali da consentirle di analizzare i rischi e di evitare i pericoli che l’elettricità può creare;

Per PEI – Persona Idonea si fa riferimento ad una persona alla quale è stata riconosciuta la capacità tecnica ad eseguire specifici lavori sotto tensione.

Il corso ha una durata di 16 ore e rilascia l’attestato di avvenuta formazione.

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