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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO MANCATA FORMAZIONE FIGURE SICUREZZA

 

Le figure della sicurezza sul lavoro, che a vario titolo sono coinvolte nel sistema di sicurezza aziendale così come previsto dal Testo Unico D. Lgs. 81/2008, sono diverse: il datore di lavoro, il preposto, l’RLS (rappresentante dei lavoratori), l’RSPP (responsabile servizio prevenzione e protezione, l’addetto all’Antincendio, l’Addetto al primo soccorso.

Chi sono le figure coinvolte nella sicurezza sul lavoro

Il datore di lavoro, secondo il Testo Unico sulla Sicurezza del 2008, è il soggetto che titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, a seconda dell’organizzazione aziendale, colui che dirige e detiene la responsabilità dell’organizzazione dell’azienda esercitando i poteri propri della sua funzione. All’interno di un’azienda, quindi, la prima figura incaricata di garantire la sicurezza sul lavoro e sulla quale ricade appunto l’obbligo del mantenimento della sicurezza è il datore di lavoro.

Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) è la figura nominata dal datore di lavoro che deve possedere capacità e requisiti adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro. RSPP deve assumersi e dimostrare di avere quelle responsabilità che gli permettono di organizzare e gestire tutto il sistema appartenente alla prevenzione e alla protezione dai rischi.

Il preposto è il soggetto la cui mansione lo pone in una situazione di preminenza nei confronti di altri dipendenti, così da poter impartire istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, affiancando il datore di lavoro. Quest’ultimo è il garante operativo della sicurezza sul lavoro per effetto di legge indipendentemente dalla delega e ha il compito di vigilare affinché le attività lavorative vengano svolte secondo le norme.

RLS, acronimo di “Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza”, è una figura obbligatoria che ricopre un ruolo importante all’interno delle aziende, per questo motivo deve essere opportunamente formato. L’RLS è eletto o designato dai lavoratori, per rappresentarli in tutti gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro; di fatto è il primo organo di controllo sull’efficienza del motore aziendale della sicurezza.

Rischio mancata formazione figure sicurezza lavoro

L’art. 73 del D. Lgs. 81/08 prevede che i lavoratori ricevano un’adeguata formazione a carico del datore di lavoro; se così non fosse, quest’ultimo potrebbe essere soggetto all’arresto da arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro (riferimento art.37 co.10 del D. Lgs 81/08). Lo stesso vale per l’Addetto Antincendio, Addetto primo soccorso, RLS, Preposto. La sanzione può scattare dal momento in cui un attestato di formazione scade, o peggio se la formazione non è mai stata fatta. Ma non è tutto. Anche il lavoratore è responsabile della propria formazione, perciò nel caso in cui si dovesse rivelare non collaborativo rifiutandosi di partecipare a un corso, rischia lui stesso richiami o segnalazioni che possono portare a un licenziamento. I datori di lavoro possono svolgere il ruolo di RSPP. Per farlo, hanno bisogno di una formazione adeguata. In caso di inadempienza sono previsti l'arresto da tre a sei mesi o ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro (riferimento art.34 co.2 del D.Lgs 81/08).

Formazione figure sicurezza lavoro

I corsi di formazione sulla sicurezza sul lavoro rientrano all’interno della formazione obbligatoria. La salute e la sicurezza sul lavoro vanno perseguite tramite una cultura della prevenzione che si crea, innanzitutto, con la formazione e l’informazione. I lavoratori non sono solamente i soggetti tutelati ma anche attori attivi: devono essere consapevoli delle condizioni del proprio ambiente di lavoro, dell’utilizzo dei dispositivi di sicurezza e partecipanti alla valutazione dei rischi e nella prevenzione.

La normativa in vigore in materia di sicurezza sul lavoro pone in capo al datore di lavoro l’obbligo di assicurare a ogni lavoratore la possibilità di ricevere una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza sul lavoro.

Nello specifico i corsi di formazione sicurezza sul lavoro sono:

– Anticendio

– Primo Soccorso Aziendale

– Datore di lavoro con compiti di RSPP Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione

– RLS – Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza

– Formazione Generale e Specifica Lavoratori Art. 36, 37 D.Lgs. 81/08

– Formazione del Preposto

 PROMOTERGROUP S.p.A. offre consulenza sul Sistema di Sicurezza dei Lavoratori e sulla formazione di tutte le figure coinvolte nella sicurezza sul posto di lavoro, sia in aula che, nei casi previsti, in FAD (Formazione a Distanza).

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO STRESS TERMICO

 

Lo stress termico si verifica quando il sistema di termoregolazione dell'organismo fallisce. La temperatura dell'aria, il ritmo di lavoro intenso, la ventilazione, l'umidità, gli indumenti da lavoro, sono tutti fattori che possono concorrere allo stress termico.

Cos’è il rischio da stress termico

Lo stress termico è legato alle problematiche relative al microclima dei cosiddetti ambienti “severi” (caldi e freddi). Lavori pesanti in ambienti severi caldi sottopongono il sistema cardiovascolare a notevoli condizioni di sforzo, che possono causare il cosiddetto colpo di calore.  Per gli ambienti severi freddi il rischio è rappresentato dal possibile insorgere di uno stato di ipotermia, che può determinare anche conseguenze letali. Quando tali meccanismi non sono sufficienti per garantire lo stato di omeotermia, si possono avere disturbi patologici più o meno gravi determinati da disordini dovuti alla instabilità del sistema cardio-circolatorio e squilibri elettrolitici, con conseguenze, talvolta, persino fatali. Il rischio maggiore è rappresentato dal colpo di calore. Quest’ultimo è dovuto a diversi fattori, quali l’elevata temperatura ambientale, l’acclimatazione inadeguata, nonché a fattori legati strettamente alle caratteristiche individuali. Il colpo di calore si manifesta improvvisamente con cefalea, vertigini, astenia, disturbi addominali e può portare al delirio. Quando tale temperatura sale sopra i 42°C circa, numerosi organi possono essere danneggiati e si può arrivare alla morte nel 15-25% dei casi.

Un'esposizione prolungata a temperature elevate può provocare disturbi lievi, come crampi, svenimenti, edemi, o di maggiore gravità, come congestione, colpo di calore, disidratazione. Invece negli ambienti severi freddi è richiesto un notevole intervento del sistema di termoregolazione dell’organismo attraverso meccanismi di vasocostrizione e brivido, per limitare la diminuzione della temperatura delle varie parti del corpo e del nucleo corporeo, dato che sono caratterizzati da bassi valori di temperatura operativa To (temperatura di un ambiente virtuale uniforme e con pareti nere nel quale un generico soggetto scambi, mediante convezione e irraggiamento, la stessa potenza termica scambiata nell’ambiente disuniforme reale attraverso gli stessi meccanismi). Negli ambienti moderatamente freddi la To è compresa tra 0°C e + 10°C, nei severi freddi To è inferiore a 0°C. Il meccanismo del brivido si attiva quando la quantità di energia termica ceduta dal corpo è maggiore di quella prodotta, e la sua insorgenza rappresenta il limite oltre il quale il sistema di termoregolazione non è più in grado di garantire l’omeotermia; ne consegue il raffreddamento delle zone interne del corpo e degli organi vitali (ipotermia, con temperatura del nucleo corporeo inferiore a 35°C) con possibili conseguenze letali, come perdita di coscienza fino alla morte per arresto cardiaco (assideramento).

Valutazione rischio da stress termico

Il datore di lavoro ha l’obbligo di attuare una serie di misure per la riduzione dei rischi sul luogo di lavoro. Negli ambienti freddi, al contrario degli ambienti caldi, è possibile contrastare lo scambio termico uomo-ambiente con il vestiario e con i dispositivi di protezione individuale (DPI); è necessario pertanto fornire ai lavoratori indumenti isolanti asciutti, idonei a mantenere la temperatura interna del corpo al di sopra di 36 °C, prestando particolare attenzione alla difesa di mani, piedi e testa, più sensibili al freddo. Il principale metodo di controllo dell’esposizione al microclima freddo è infatti l’abbigliamento e la norma tecnica UNI EN ISO 11079:2008, basata sul metodo IREQ, tratta della procedura di valutazione dello stress da freddo proprio considerando l’effetto legato all’utilizzo di abbigliamento con varie caratteristiche di isolamento termico per il calcolo della durata massima dell’esposizione. Oltre alla resistenza termica dell’abbigliamento, il metodo IREQ richiede che venga indicata anche la permeabilità all’aria del vestiario. Invece lo standard internazionale ISO 7933 descrive un metodo per la valutazione analitica e l'interpretazione dello stress termico di un individuo che si trova in un ambiente caldo (Predicted Heat Strain - PHS). Importante è identificare i lavoratori che presentano sintomi da stress termico e migliorare la protezione individuale.

Formazione rischio da stress termico

Fra gli interventi possibili è certamente prioritaria un’azione di informazione e formazione per rendere i lavoratori in grado di conoscere ed evitare i rischi connessi al microclima severo freddo o caldo. Il corso “Formazione dei lavoratori” consente al datore di lavoro di assolvere gli obblighi previsti dal comma 1 dell’art. 36, 37 del D. Lgs. n. 81/2008, in materia di formazione dei propri lavoratori, ed è il primo passo del percorso formativo obbligatorio per i lavoratori. Promotergroup S.p.A. mette a disposizione del datore di lavoro consulenti esperti che aiuteranno a creare il documento di valutazione del rischio. Il consulente guida il datore di lavoro nell’individuazione delle misure generali e specifiche di protezione e prevenzione, come indicato dal D. Lgs. 81/2008.

Promotergroup S.p.A. ha l’obiettivo di promuovere la cultura della prevenzione e della sicurezza sul lavoro.

 

Contattaci allo 0932/862613, inviando una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o su https://www.promotergroup.eu/index.php/contattaci

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 PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO CLIMA IN EDILIZIA

 

Spesso non si pone adeguata e sufficiente attenzione sui rischi lavorativi connessi al clima, alle temperature elevate, come nel caso dei lavori outdoor in edilizia, in agricoltura e nella cantieristica stradale. Le ondate di calore possono provocare gravi danni alla salute dei dipendenti e per questo il datore di lavoro deve mettere in atto misure di sicurezza e prevenzione al fine di ridurre i rischi sul lavoro outdoor.

Cos’è il rischio clima in edilizia

Abitualmente per definire il rischio clima viene considerata solo la temperatura, ma in realtà questo parametro deve essere valutato anche in relazione all'umidità, ed eventualmente alla ventilazione e all'irraggiamento per poter avere una indicazione più precisa del rischio. Nei periodi in cui si prevede caldo intenso la prima e più importante cosa da fare ogni giorno è verificare le previsioni meteorologiche, soprattutto nelle attività outdoor dell’edilizia, settore in cui i dipendenti sono maggiormente a rischio di stress termico e colpo di calore.

Valutazione Rischio clima in edilizia

Il datore di lavoro ha l’obbligo di attuare delle azioni per la prevenzione e protezione dal rischio da temperature elevate nelle attività outdoor. Importante è mettere a disposizione del cantiere il termometro e igrometro che possono consentire alle imprese di sapere se il loro cantiere rientra nell’ambito delle previsioni del sistema di allarme HHWWS, che fa stime su ambiti territoriali regionali, o si trova in condizioni più favorevoli o sfavorevoli. I livelli di rischio vanno dallo 0 al livello 3, in cui lo 0 indica che le condizioni metereologiche non comportano un rischio per la salute; questo livello non richiede azioni immediate. Il livello 3 invece indica una condizione di emergenza dunque un’ondata di calore con possibili effetti negativi sulla salute delle persone sane e attive e non solo sui sottogruppi a rischio come gli affetti da malattie croniche. Tanto più prolungata è l’ondata di calore, tanto maggiori sono gli effetti negativi attesi sulla salute. Il datore di lavoro deve valutare il rischio da ondata di calore, con le adeguate previsioni di modalità di eliminazione dei rischi o nel caso in cui non sia possibile, lavorare per ridurlo. Nel POS deve prevedere le misure specifiche in base al periodo di lavorazione, tipologia di lavori, organizzazione del cantiere, anche in relazione alle misure previste nel PSC. Infine deve informare e formare i lavoratori sui possibili problemi di salute causati dal calore, sintomi del colpo di calore, misure di prevenzione previste dal DVR, PSC, POS. La sorveglianza sanitaria è fondamentale perché il medico competente deve valutare lo stato di salute dei lavoratori, fornendo così indicazioni necessarie per prevenire il rischio da colpo di calore in relazione alle caratteristiche individuali di ciascun lavoratore. 

Inoltre, la presenza di alcune malattie come le cardiopatie, malattie renali, diabete, obesità possono ridurre notevolmente la resistenza dell’individuo all’esposizione a calore. Infine, il medico competente dell’azienda con il giudizio di idoneità al lavoro dà indicazioni al lavoratore e al datore di lavoro sulle possibilità di poter sostenere l’esposizione a calore; di conseguenza i lavoratori con specifiche indicazioni nel giudizio di idoneità dovranno essere impiegati in attività più leggere e con maggiori pause. Il datore di lavoro ha l’obbligo di programmare i lavori più faticosi in orari con temperature più favorevoli e programmare sospensione dei lavori nelle ore più calde (a partire dalle condizioni di temperature superiori a 34°). L'idratazione è un fattore è molto importante e dunque il datore di lavoro deve garantire la disponibilità di acqua nei luoghi di lavoro ad uso potabile, con aggiunta di integratori minerali e per il rinfrescamento dei lavoratori nei periodi di pausa.

I lavoratori devono anche avere a disposizione idonei dispositivi di protezione individuali ed indumenti protettivi come occhiali per protezione dai raggi solari, abiti leggeri traspiranti, di cotone, di colore chiaro e scarpe di sicurezza/protezione di modello estivo. È sbagliato lavorare a pelle nuda perché il sole può determinare ustioni e perché la pelle nuda assorbe più calore.

Formazione rischio clima in edilizia

Le temperature elevate in edilizia comportano idonee azioni di informazione, formazione e addestramento. I lavoratori devono essere informati sui possibili problemi di salute causati dal calore e sui sintomi che potrebbero manifestarsi in modo da poter intervenire tempestivamente. Accorgersi del pericolo di colpo da calore e subito attuare la terapia appropriata possono salvare la vita.

Il corso “Formazione dei lavoratori” consente al datore di lavoro di assolvere gli obblighi previsti dal comma 1 dell’art. 36, 37 del D. Lgs. n. 81/2008, in materia di formazione dei propri lavoratori, ed è il primo passo del percorso formativo obbligatorio per i lavoratori. Promotergroup S.p.A. mette a disposizione del datore di lavoro consulenti esperti che aiuteranno a creare il documento di valutazione del rischio. Il consulente guida il datore di lavoro nell’individuazione delle misure generali e specifiche di protezione e prevenzione, come indicato dal D. Lgs. 81/2008. Promotergroup S.p.A. ha l’obiettivo di promuovere la cultura della prevenzione e della sicurezza sul lavoro.

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHI LAVORO DA UFFICIO E DISTURBI MUSCOLARI

 

Nell’ultimo decennio sono state condotte varie ricerche per valutare i rischi che il corpo può subire quando si sta seduti davanti alla scrivania per ore prolungate. Il lavoro da ufficio non viene considerato affatto pericoloso come potrebbero essere le giornate esposte al caldo soffocante, eppure anche questa tipologia di lavoro può essere pericolosa per la salute. Lavorare seduti alla scrivania influisce negativamente sul corpo provocando disallineamenti al bacino, inarcamento delle spalle con conseguenti dolori alla schiena e al collo. Tutto questo provoca un aumento dello stress muscolare che influisce negativamente sul lavoro. La sedentarietà è terribile per il corpo, poiché nel tempo ha devastanti effetti sull'organismo che si possono tradurre in disturbi muscolo-scheletrici, obesità, diabete, cancro e malattie cardiache;

Cosa sono i rischi lavoro da ufficio

Molte persone soffrono di mal di schiena, dolori al collo, dolori alle braccia. La gran parte di questi disturbi, definiti genericamente “muscoloscheletrici”, derivano dall’invecchiamento ma spesso essi sono causati da erronei movimenti e/o posture nel corso del lavoro da ufficio. Stare sempre seduti in ufficio provoca non solo dolori articolari e muscolari, ma anche rischio aumentato di disturbi muscoloscheletrici, obesità, diabete, cancro e malattie cardiache, nonostante si faccia sport.

I disturbi più comuni sono senso di peso, senso di fastidio, intorpidimento, formicolio, rigidità, dolore a:

  • rachide (collo e schiena)
  • arti superiori (spalle, braccia e mani)
  • arti inferiori (gambe e piedi).

Il lavoratore ha diritto ad una interruzione dell’attività con pause o cambiamento di attività. Il D.Lgs. 81/08 impone una durata minima di 15 minuti ogni 120 di applicazione continuativa al Videoterminale.

Valutazione dei rischi da interferenza

Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato ed allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e tutti i possibili movimenti operativi dei dipendenti. Il datore di lavoro ha l’obbligo di segnalare subito malfunzionamenti e situazioni di pericolo. Deve prendere in considerazione una serie di aspetti come ad esempio lo spazio sotto il piano di lavoro (la profondità deve consentire l’alloggiamento delle gambe semidistese; la larghezza e l’altezza di tale spazio devono consentire al sedile di infilarsi affinché siano garantite all’operatore la posizione frontale rispetto allo schermo e il comodo alloggiamento delle gambe). Sedersi troppo vicino o lontano dallo schermo del computer può causare affaticamento degli occhi, per non parlare del dolore al collo che può insorgere. È importante assicurarsi che il monitor sia posizionato di fronte e allineato alla tastiera; posizionarlo ad una distanza comoda per la visualizzazione, per molte persone è a circa un braccio di distanza. Se si usano monitor doppi dovrebbero avere le stesse dimensioni e altezza, posizionati frontalmente, con un leggera angolazione Per quanto riguarda l’altezza del sedile deve essere regolata dall’operatore affinché possa assumere la posizione corretta: gambe piegate a 90°, con i piedi ben appoggiati sul pavimento, braccia piegate a 90° e avambracci poggiati sulla scrivania per alleviare il carico sulla schiena. Il lavoratore deve essere sottoposto a visita di controllo per i rischi per vista e occhi e per l’apparato muscolo-scheletrico.

Formazione rischi lavoro da ufficio

Il corso “Formazione dei lavoratori” consente al datore di lavoro di assolvere gli obblighi previsti dal comma 1 dell’art. 36, 37 del D. Lgs. n. 81/2008, in materia di formazione dei propri lavoratori, ed è il primo passo del percorso formativo obbligatorio per i lavoratori. Promotergroup S.p.A. mette a disposizione del datore di lavoro consulenti esperti che aiuteranno a creare il documento di valutazione del rischio. Il consulente guida il datore di lavoro nell’individuazione delle misure generali e specifiche di protezione e prevenzione, come indicato dal D. Lgs. 81/2008. Promotergroup S.p.A. ha l’obiettivo di promuovere la cultura della prevenzione e della sicurezza sul lavoro.

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO UTILIZZO CARRI RACCOGLIFRUTTA

 

La macchina agricola raccoglifrutta si definisce come una piattaforma di lavoro semovente destinata ad operare su terreno naturale non coltivato o sconnesso, per spostare uno o più operatori alle posizioni di lavoro per effettuare la raccolta della frutta, il diradamento, la potatura, o altre operazioni relative alla manutenzione degli alberi da frutta dalla piattaforma di lavoro.

Rischi nell’utilizzo delle macchine agricole raccoglifrutta

Non sono pochi i rischi per gli operatori connessi all’impiego delle macchine agricole raccoglifrutta, chiamate anche carri raccoglifrutta, piattaforme di lavoro sempre più diffuse nel lavoro agricolo. Questa tipologia di macchinari hanno la necessità di avere requisiti di sicurezza chiari, uniformi e specifici in relazione soprattutto alle operazioni per le quali sono state progettate e all’ambiente in cui operano. In particolare si precisa che sono da considerarsi impianti speciali rientranti nel campo di applicazione del d.m. 4 marzo 1982 “le macchine agricole raccogli frutta ad azionamento motorizzato e a mano caratterizzati da:

  • piattaforme con portata utile superiore a 350 kg;
  • piattaforme a più piani di lavoro;
  • piattaforme aventi lunghezza superiore a 4 m”.

I pericoli più rilevanti nell’uso di queste macchine agricole sono:

  • Perdita di stabilità;
  • Cedimenti strutturali;
  • Caduta dell’alto;
  • Scivolamenti, urti e cadute durante la salita e la discesa dalle piattaforme di lavoro;
  • Schiacciamenti e/o cesoiamenti con organi in movimento.

Valutazione dei rischi

La valutazione dei rischi è un obbligo del Datore di lavoro che deve prevedere e dunque ridurre i pericoli che possono presentarsi. Nel parere tecnico del Coordinamento tecnico delle Regioni del 05/10/2017 viene ribadita l’importanza del rischio di ribaltamento connesso all’utilizzo di piattaforme di lavoro mobili ed elevabili e ciò “costituisce un fattore decisivo nell’inclusione di tali macchine fra il novero di quelle per le quali è necessaria una specifica abilitazione”.  Esistono dei requisiti tecnici specifici e misure di sicurezza per le piattaforme di lavoro semoventi fuoristrada destinate a operare nei frutteti, aventi le seguenti caratteristiche o prerogative:

  • altezza massima della macchina pari a 3 m
  • proiezione verticale del centro dell’area della piattaforma in tutte le sue configurazioni e alla massima inclinazione del telaio come specificato dal costruttore sempre all’interno delle linee di ribaltamento, destinate ad essere usate in agricoltura;
  • progettate per lavorare su terreni naturali non preparati e/o sconnessi;
  • progettate per spostare almeno due persone alle posizioni di lavoro in un frutteto per eseguire dalla piattaforma operazioni di raccolta della frutta, di diradamento, di potatura, o altre operazioni necessarie per il frutteto.

Formazione rischi lavoratori

La formazione assume un aspetto fondamentale in riferimento ai rischi legati all’utilizzo di macchine agricole e attrezzature. L’Accordo Stato-Regioni del 22/02/2012 individua le attrezzature da lavoro per le quali è richiesta una specifica formazione degli operatori e i carri raccogli frutta rientrano nella categoria della P.L.E. (piattaforme di lavoro mobili elevabili senza stabilizzatori). La formazione rientra negli obblighi di formazione ed addestramento, da parte del Datore di Lavoro, per i lavoratori che effettuano tali lavorazioni, utilizzando attrezzature specifiche per le quali è obbligatorio, appunto, l'addestramento, nonché dispositivi di protezione individuale. Gli obblighi di formazione ed addestramento sono definiti dal D. Lgs. 81/08, agli art.36 (informazione dei lavoratori), 37 (formazione dei lavoratori) ed in maniera specifica per i punti descritti sopra agli art. 73 (informazione, formazione, addestramento per utilizzo attrezzature da lavoro) e 77, in part. comma 4 lett. h (obblighi del Datore di Lavoro relativamente all'uso dei dpi).

Il Corso P.L.E. - Piattaforme di lavoro mobili elevabili senza stabilizzatori ha una durata di 8 ore e prevede il rilascio del patentino P.L.E. per piattaforme elevabili valido in tutta Italia.

 

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO MICROCLIMA NEI LUOGHI DI LAVORO

 

Per microclima si intendono rischi di tipo fisico che possono verificarsi nell’ambiente di lavoro; infatti il microclima è l’insieme dei fattori fisici ambientali che insieme ad alcuni parametri, quali attività metabolica correlata al compito lavorativo, la resistenza termica del vestiario determinata dalle caratteristiche dell’abbigliamento indossato, condizionano gli scambi termici tra ambiente e lavoratori.

 Cos’è il Rischio Microclima

Il Rischio Microclima è un rischio di tipo fisico associato alle condizioni microclimatiche spesso sottovalutate se non addirittura ignorate (livelli di temperatura, umidità, correnti e sbalzi d’aria). Un forte stress termico così come esposizioni prolungate a temperature non adeguate o a correnti d’aria dirette, possono provocare malesseri fisici a carico dell’apparato respiratorio, muscolo scheletrico, gastrointestinale, fino ad arrivare in casi estremi a colpi di calore o di freddo, nonché sull’economia aziendale.

In base alle condizioni microclimatiche gli ambienti di lavoro si distinguono in:

  • ambienti moderati in cui si possono raggiungere condizioni di comfort (anche attraverso il contributo di impianti di condizionamento)
  • ambienti severi caldi/freddi in cui tali condizioni non possono essere garantite e pertanto ci si deve preoccupare di assicurare la salute e la sicurezza del lavoratore.

In tali ambienti, così come negli ambienti moderati in condizioni esterne agli intervalli di applicabilità degli  indici PMV/PPD, sarà necessario tenere conto dei rischi legati all’esposizione di soggetti sensibili,  caratterizzati da una alterata capacità di termoregolazione fisiologica, come avviene ad esempio nelle donne durante la gravidanza, o indotta da patologie preesistenti che possono alterare la percezione termica, quali ad esempio patologie dell’apparato cardiocircolatorio o del sistema endocrino, che richiedano trattamento con farmaci che influiscono sul sistema di termoregolazione.

Valutazione Rischio Microclima

La vasta eterogeneità degli ambienti lavorativi e delle molteplici attività che in questi si possono eseguire, non consente di indicare delle linee guida precise e standardizzate, applicabili in forma generale a tutti i luoghi di lavoro. Si pensi per esempio, ad addetti dell’industria alimentare che eseguono attività in cui vengono utilizzate celle frigorifere per la conservazione dei prodotti o attività industriali all’interno della quale il livello di temperature è elevato a causa dei macchinari che producono calore. In queste situazioni il datore di lavoro dovrà eseguire un’attenta valutazione dei rischi correlati a esposizione a temperature disagevoli, o a improvvisi sbalzi termici, sfruttando tutti le misure tecniche, organizzative e procedurali volte a garantire prevenzione (ove possibile) e protezione dal rischio. Il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare una corretta valutazione dei rischi che tenga conto dei singoli ambienti ed esigenze lavorative. Una componente importante da considerare in fase di valutazione dei rischi da inadeguato microclima, è quella poi dell’affollamento del luogo di lavoro in cui è necessario effettuare adeguati ricambi d’aria al fine di evitare rischi diretti di natura microclimatica sia rischi indiretti come stress da affollamento, sensazione di mancanza d’aria, rischio biologico da trasmissione interpersonale, rischio da rumore.

 Formazione Rischio Microclima nei luoghi di lavoro

L’attività di formazione e informazione rappresenta un’efficace strumento di prevenzione negli ambienti di lavoro. È noto come la consapevolezza e conoscenza sulla presenza e natura dei fattori di rischio, contribuisce concretamente al contenimento e riduzione dell’esposizione dei lavoratori. Il D.Lgs. 81/2008 attribuisce infatti fondamentale importanza alla formazione di tutte le figure che a vario titolo sono coinvolte nel processo di gestione aziendale della sicurezza, disciplinando tale attività in maniera precisa e articolata.

Il corso “Formazione dei lavoratori” consente al datore di lavoro di assolvere gli obblighi previsti dal comma 1 dell’art. 36, 37 del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di formazione dei propri lavoratori, ed è il primo passo del percorso formativo obbligatorio per i lavoratori. Promotergroup S.p.A. mette a disposizione del datore di lavoro consulenti esperti che aiuteranno a creare il documento di valutazione del rischio. Il consulente guida il datore di lavoro nell’individuazione delle misure generali e specifiche di protezione e prevenzione, come indicato dal D. Lgs. 81/2008.

 

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHIO CADUTA DALL’ALTO E FATTORI DI RISCHIO

 

L'esistenza di postazioni di lavoro che possono esporre al rischio di caduta dall’alto impone l’adozione preventiva di misure preventive di protezione sino a quando le lavorazioni non siano cessate.

Cos’è il Rischio caduta dall’alto

Ci si è sempre chiesti cosa si deve intendere per caduta dall’alto, come definire l’”alto” ed a partire da quale altezza è necessario proteggersi dalla caduta dall’alto. Il rischio di caduta dall’alto rappresenta una percentuale altissima di infortuni, soprattutto mortali, sui luoghi di lavoro. Questo rischio, che raggiunge il suo massimo nei cantieri temporanei e mobili, dove le lavorazioni in altezza vengono svolte quotidianamente, interessa tutte le attività lavorative che espongono i lavoratori a rischi di caduta da un’altezza superiore a 2 metri, in particolare i manutentori di fabbricati e/o di impianti. I cantieri in cui siano adibite attività che prevedano lavori in quota devono essere provvisti di idonee recinzioni per impedire l’accesso ad estranei e il transito sotto ponti sospesi, scale ed aree simili, deve essere impedito mediante barriere. Eventi accidentali, come la perdita di equilibrio, possono portare a conseguenze davvero gravi se non sono state messe in atto le necessarie misure di sicurezza. Il rischio di caduta dall’alto non riguarda solamente la caduta di persone ma anche di cose.

Valutazione dei rischi caduta dall’alto e Fattori di rischio

È fondamentale analizzare le criticità incidenti sulla sicurezza di un processo edilizio, già a partire dalle prime fasi progettuali al fine di prevenire l’accadimento di potenziali eventi dannosi attraverso la progettazione. Le problematiche inerenti la progettazione e realizzazione di sistemi di prevenzione/protezione contro la caduta dall’altro “in un cantiere temporaneo e mobile o nel corso della vita utile di un edificio nascono dalla sottovalutazione di una serie di criticità”. Ad esempio “una errata valutazione del rischio in fase di progettazione e la mancanza di percezione del medesimo in fase di realizzazione da parte degli operatori. Ed è dunque necessario per la tutela della sicurezza di chi opera in copertura “che i diversi e molteplici attori che fanno parte del processo decisionale seguano, ciascuno per la parte di propria competenza, il corretto iter procedurale”.

Per analizzare i fattori di rischio emersi dall’analisi delle dinamiche infortunistiche, sono stati esaminati in dettaglio oltre 160 casi di caduta dall’alto dell’archivio Infor.MO per gli anni 2009 - 2010. Da tale analisi, risultano sei principali sottocategorie di caduta dall’alto:

■ caduta per sfondamento di copertura (23,2%);

■ caduta da scala portatile (17,3%);

■ caduta da parte fissa di edificio (12,5%);

■ caduta da ponteggi, impalcature fisse (10,1%);

■ caduta all’interno di varco (10,1%);

■ caduta da mezzi di sollevamento o per lavori in quota.

 

La somma degli incidenti rientranti nelle citate categorie rappresenta circa l’81% della totalità delle cadute dall’alto dell’infortunato. Al fine di prevenire e ridurre le cadute dall’alto il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire i dispositivi di protezioni individuale (DPI) anticaduta, che possono essere costituiti da:

■ imbracatura del corpo;

■ connettore;

■ cordino;

■ assorbitore di energia;

■ dispositivi retrattili;

■ guide o linee vita flessibili;

■ guide o linee vita rigide;

■ dispositivo di ancoraggio.

Formazione rischi caduta dall’alto

La formazione assume un aspetto fondamentale in riferimento ai rischi di caduta dall’alto, in particolare per gli elementi che costituiscono il corretto impiego dei Dispositivi di Protezione Individuali, che devono essere obbligatoriamente utilizzati qualora non sia stato possibile per motivi tecnici adottare idonee misure di protezione collettiva.

Il corso “Lavori in Quota” ha una durata di 6 ore e viene svolto in aula. Si rivolge agli addetti al montaggio e smontaggio di ponteggi soggetti agli obblighi di tipo formativo. Il corso in oggetto rientra negli obblighi di formazione ed addestramento, da parte del Datore di Lavoro, per i lavoratori che effettuano tali lavorazioni, utilizzando attrezzature specifiche (ad esempio PLE, Trabattelli, Ponteggi) per le quali è obbligatorio, appunto, l'addestramento, nonché dispositivi di protezione individuale di III categoria (quali Imbracature, Sistemi di ritenuta, ecc.), per i quali è parimenti prevista una formazione ed addestramento specifici in relazione al loro utilizzo. Gli obblighi di formazione ed addestramento sono definiti dal D. Lgs. 81/08, agli art.36 (informazione dei lavoratori), 37 (formazione dei lavoratori) ed in maniera specifica per i punti descritti sopra agli art. 73 (informazione, formazione, addestramento per utilizzo attrezzature da lavoro) e 77, in part. comma 4 lett. h (obblighi del Datore di Lavoro relativamente all'uso dei dpi). Chi non adempie agli obblighi previsti per legge rischia l'arresto da 2 a 4 mesi e con l'ammenda da 1000 a 4800 euro.

 

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PREVENZIONE SICUREZZA LAVORO: RISCHI ATMOSFERA ESPLOSIVA

 

Per "Atmosfera esplosiva" si intende una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga nell’insieme della miscela incombusta. Sono state create apposite norme inerenti i rischi di atmosfere esplosive nei luoghi di lavoro. Tutto questo rientra nella disciplina della protezione da atmosfere esplosive ed è stato inserito nel D.Lgs. 81/2008.

Cos’è il Rischio Esplosione

Il Rischio Esplosione è normalmente associato ad un potenziale danno di elevata magnitudo: le esplosioni determinano tipicamente gravi danni alle strutture e infortuni gravi e anche mortali per i lavoratori.

Alcuni esempi di attività potenzialmente soggette al rischio esplosione sono:

- Alimentari: stoccaggio e lavorazione di cereali, farine, zucchero

- Industria tessile: filatura

- Falegnamerie, lavorazione del legno

- Industria chimica e petrolifera

- Industria farmaceutica

- Industria metallurgica

- Stoccaggi di carburante gassoso, liquido, solido. Depositi di gas naturale o di GPL

- Impianti di compressione o decompressione di gas combustibili

- Produzione e stoccaggio di vernici, smalti, coloranti

- Carrozzerie

- Distillerie, produzione di alcolici

- Produzione di profumi

 

Valutazione dei rischi da atmosfera esplosiva

In base all’obbligo di compiere la valutazione dei rischi, sul datore di lavoro ricade la responsabilità di redigere un documento contenente la dotazione di misure tecniche ed organizzative idonee a prevenire l’eventuale formazione di atmosfere esplosive. Ha l’obbligo di adottare, sulla base della valutazione dei rischi, le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell'attività svolta. La sicurezza contro un’esplosione “può essere definibile in maniera semplicistica come la probabilità che l’esplosione non avvenga”. Tuttavia tale probabilità “non è mai pari a 0 in quanto, se presenti sostanze infiammabili e/o polveri combustibili, si può sempre verificare un’atmosfera esplosiva e si può sempre avere una sorgente d’innesco”. Dunque, partendo da queste premesse, è un luogo è “sicuro” nei confronti delle esplosioni quando la probabilità che avvenga un’esplosione in quel dato luogo è ritenuta trascurabile.

Qualora l’attività non consente di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:

  1. a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
  2. b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione.

Formazione rischi da atmosfera esplosiva

Il datore di lavoro ha anche il compito di predisporre innanzitutto opportune attività formative e addestrative per i dipendenti, e poi deve fornire ad essi delle dotazioni e degli indumenti con proprietà antistatiche. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori esposti a rischi derivanti da atmosfera esplosiva sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti vengano informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei rischi con particolare riguardo.

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SICUREZZA SUL LAVORO: UE AGGIORNA STRATEGIA E NORME NELL'ERA POST COVID

La Commissione adotta la strategia che definisce le azioni necessarie a gestire i cambiamenti determinati dalla diffusione delle nuove tecnologie.

 

Presentata la strategia 2021-2027 dall’UE che definisce le azioni chiave necessarie per migliorare la salute e sicurezza dei lavoratori nei prossimi anni. La pandemia di Covid-19 ha dimostrato quanto la salute e la sicurezza sul lavoro siano fondamentali per proteggere la salute dei lavoratori, per il funzionamento della nostra società e per la continuità di attività economiche e sociali critiche. E anche messo in risalto il ruolo strategico del digitale e delle nuove tecnologie come abilitatori di un nuovo modo di lavorare. Le nuove azioni chiave per migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori si concentreranno sulla gestione dei cambiamenti innescati dalla transizione ecologica, digitale e demografica e sulle mutazioni dell'ambiente di lavoro tradizionale, sulla prevenzione delle malattie e degli incidenti sul lavoro, e sul potenziamento della resilienza per affrontare eventuali crisi in futuro. Negli ultimi decenni sono stati compiuti progressi nel campo della sicurezza sul lavoro: gli incidenti mortali sul lavoro sono diminuiti di circa il 70% dal 1994 al 2018, ma nonostante questi progressi, nel 2018 si sono verificati più di 3.300 incidenti mortali e 3,1 milioni di incidenti non mortali nella Ue a 27. Più di 200.000 lavoratori muoiono ogni anno per malattie legate al lavoro. L’Ue punta alla luce di ciò mira a prevedere e gestire i cambiamenti nel nuovo mondo del lavoro. Per garantire luoghi di lavoro sicuri e sani durante la transizione digitale riesaminerà la direttiva sui luoghi di lavoro e la direttiva sugli apparecchi per schermi di visualizzazione entro il 2023, anche in ottica smart working.

Secondo il Rapporto sul mercato del lavoro 2020 di Istat, Ministero Lavoro, Inps, Inail e Anpal "il ricorso allo smart working ha interessato subito dopo l'esplosione della pandemia il 21,3% delle imprese con almeno 3 addetti; la percentuale è calata all'11,3% nel periodo giugno-novembre. La quota di lavoratori in smart working nelle imprese che lo hanno attivato sale dal 5% del periodo precedente il Covid-19, al 47% dei mesi di lockdown di marzo-aprile, per assestarsi intorno al 30% da maggio in avanti".

Lo smart working Insieme ad altre tendenze del lavoro a distanza, come la connettività permanente, la mancanza di interazione sociale e un maggiore utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ciò comporta rischi psicosociali ed ergonomici.

Per quanto riguarda gli effetti della transizione verde e demografica la Commissione Ue proporrà limiti prudenziali per l’amianto e il piombo. L'anno prossimo Bruxelles proporrà valori limite di protezione sull'amianto nella direttiva sull'amianto sul lavoro così come quelli sul piombo e sui dissocianati nella direttiva sugli agenti chimici (nel 2022) e sul cobalto nella direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni (primo trimestre 2024). Inoltre, considerando che già prima della pandemia i problemi di salute mentale colpivano circa 84 milioni di persone, preparerà un’iniziativa relativa alla salute mentale sul luogo di lavoro che valuti le questioni emergenti relative alla salute mentale dei lavoratori e presenti orientamenti per l'azione entro la fine del 2022.

 

 

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SMART WORKING? 8 ITALIANI SU 10 VOGLIONO TORNARE IN UFFICIO

L’83% dei professionisti disposto a vaccinarsi pur di tornare a svolgere le proprie mansioni in presenza. Il 59% pensa di avere più opportunità di carriera se immunizzato

 

Nonostante i vantaggi dello smartworking come la minor diffusione del virus, l’ottimizzazione dei tempi eliminando la percorrenza del tragitto casa-lavoro e il risparmio a livello economico eliminando le spese per benzina, trasporti e pranzo, il 78% dei dipendenti vuole tornare in ufficio appena possibile. Le ragioni sono varie: il 57% ha nostalgia dei colleghi, il 23% si sente isolato (in particolare i giovanissimi e le donne), il 35% desidera mantenere un equilibrio fra lavoro e vita privata. Ma la paura di contagiarsi è ancora forte: il 71% degli impiegati non si sente sicuro finché non saranno vaccinate le persone vicine (+18% sulla media globale). È quanto emerge dall’ultimo report Randstad Workmonitor, l’indagine semestrale su 800 lavoratori in Italia e in altri 33 Paesi del mondo redatta dalla società di ricerca, selezione e formazione e di risorse umane Randstad.

Per gli italiani il vaccino è garanzia di sicurezza, ma anche occasione per poter continuare a lavorare o trovare nuove opportunità di impiego. L’83% degli italiani intervistati (+8% rispetto alla media dei paesi analizzati) sarebbe pronto a vaccinarsi, se fosse necessario per poter svolgere le proprie mansioni in presenza. Quasi 6 dipendenti su 10 pensano di avere maggiori opportunità di impiego se vaccinati, percentuale che sale al 71% fra i lavoratori più giovani.

Per circa quattro su dieci fra coloro che lavorano in modalità agile non c’è stata nessuna influenza sulla propria produttività, né positiva (40%) né negativa (39%). Ma riguardo alla componente emotivo-psicologica del lavoro da casa il campione si divide: il 27% è meno stressato, ma il 26% ha percepito più stress in questo periodo; il 24% ha sofferto la lontananza dal proprio team di lavoro, mentre è stato un vantaggio per il 12%; il 18% evidenzia come le condizioni di lavoro siano in continuo cambiamento e per il 16% lavorare da remoto è più difficile.

Nonostante questi dati si riscontrano piccoli disagi nel lavoro in presenza. Infatti quasi quattro dipendenti su dieci, hanno paura di ammalarsi e di rappresentare un pericolo per la propria famiglia (39%), il 25% è più stressato (contro appena il 6% che ha diminuito lo stress), il 26% evidenzia negativamente le condizioni di lavoro in continuo cambiamento e il 12% ritiene che lavorare in sede sia più difficile in questa fase.

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