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Sostenibilità che premia: le PMI italiane conquistano credito e competitività
Il 2024 rappresenta un anno spartiacque per le piccole e medie imprese italiane. Per la prima volta, la sostenibilità smette di essere un tema di nicchia o un esercizio di comunicazione per diventare un fattore concreto di competitività e accesso al credito. I numeri dell'ultimo ESG Outlook di CRIF lo certificano senza margini di dubbio: la percentuale di PMI italiane considerate ad alto o molto alto rischio di transizione ecologica scende di 6,6 punti percentuali, mentre cresce di 9,1 punti la quota di imprese che si colloca nelle fasce a basso o moderato impatto.
Non si tratta solo di un miglioramento tecnico. Dietro questi dati c'è un cambiamento culturale profondo, che coinvolge strategie aziendali, scelte di investimento e rapporti con il sistema finanziario.
Il credito premia la sostenibilità
Il dato più significativo arriva dal mondo bancario. Nel corso dell'ultimo anno, la quota di finanziamenti destinata alle imprese con migliori performance ESG è salita al 38,1%, contro il 30% scarso del 2023. Un balzo di otto punti percentuali che racconta una trasformazione in atto: gli istituti di credito non si limitano più a monitorare i rischi ambientali, ma orientano attivamente l'allocazione delle risorse, premiando con tassi più vantaggiosi e condizioni più flessibili chi dimostra impegno concreto verso la transizione.
Per molte PMI questo significa poter accelerare investimenti in efficienza energetica, fonti rinnovabili e innovazione di processo. Un circolo virtuoso che lega sostenibilità e crescita in modo sempre più indissolubile.
La geografia della transizione: chi corre e chi arranca
L'analisi settoriale dell'Osservatorio rivela una transizione a geometria variabile. Alcuni comparti hanno imboccato con decisione la strada del cambiamento. Il settore immobiliare, ad esempio, ha quasi dimezzato il proprio livello di rischio rispetto al 2023, spinto dall'adozione di standard energetici più severi e dall'impulso delle direttive europee sugli edifici. Segnali positivi arrivano anche dalla meccanica, dal tessile, dal turismo e dal commercio automotive, dove l'adozione di tecnologie pulite e modelli di business circolari comincia a produrre risultati misurabili.
Il quadro si complica quando si guarda ai settori tradizionalmente più esposti. Trasporti, logistica e comparto marittimo faticano a tenere il passo, frenati da flotte obsolete e da un'infrastruttura non ancora pronta per la decarbonizzazione. Situazione analoga per chimica, farmaceutica e oil & gas, dove i costi di riconversione restano elevati e la pressione normativa particolarmente intensa.
Eppure, anche nei settori ad alta intensità emissiva si intravede una direzione di marcia. Il ricorso progressivo alle fonti rinnovabili e la riduzione, seppur graduale, della dipendenza dai combustibili fossili dimostrano che il cambiamento è possibile, anche se richiede tempi più lunghi e investimenti più consistenti.
Emissioni: la fotografia dell'efficienza
La GHG intensity, l'indicatore che mette in relazione le emissioni di gas serra con il fatturato aziendale, offre una fotografia precisa dell'efficienza ambientale delle imprese. Nel 2024 questo parametro mostra un lieve miglioramento complessivo, segno che le aziende italiane stanno imparando a produrre valore emettendo meno CO₂.
La distribuzione, però, resta profondamente disomogenea. I settori dei servizi e quelli legati al capitale umano, caratterizzati da emissioni naturalmente contenute, registrano le performance migliori. Ben diversa la situazione nei comparti industriali più pesanti: nei trasporti e nell'agricoltura l'adozione di pratiche a ridotto impatto procede a rilento, ostacolata da barriere economiche e tecnologiche ancora difficili da superare.
Le note positive arrivano dall'energia e dalle utilities, dove gli investimenti in rinnovabili e in tecnologie ad alta efficienza iniziano a tradursi in risultati tangibili sui bilanci di sostenibilità.
Dalla conformità alla competitività
I dati dell'Osservatorio disegnano un'Italia imprenditoriale in movimento. Molte PMI stanno riducendo il proprio profilo di rischio ESG, ma permangono divari significativi tra settori, dimensioni aziendali e aree geografiche. La vera sfida, ora, è trasformare questi progressi da obbligo normativo a vantaggio competitivo.
La transizione ecologica non è più soltanto una risposta alle direttive europee o alle richieste del sistema bancario. È una leva strategica per accedere a nuovi mercati, attrarre investitori istituzionali, rafforzare la reputazione e conquistare la fiducia di clienti sempre più attenti alla sostenibilità delle proprie scelte.
In questo scenario, la misurazione puntuale delle performance ESG e la certificazione degli impegni assunti diventano strumenti indispensabili. Non basta dichiarare, bisogna dimostrare. E chi lo fa con rigore e trasparenza si posiziona un passo avanti rispetto ai concorrenti
Promotergroup Spa affianca le imprese nel percorso verso l'ottenimento delle certificazioni ESG, ambientali e sociali, supportandole nello sviluppo di strategie innovative per affrontare con successo le sfide della transizione ecologica.


