Tel: +39 0932 862613
Visualizza articoli per tag: imprese
SOSTENIBILITÀ CHE PREMIA: LE PMI ITALIANE CONQUISTANO CREDITO E COMPETITIVITÀ
Sostenibilità che premia: le PMI italiane conquistano credito e competitività
Il 2024 rappresenta un anno spartiacque per le piccole e medie imprese italiane. Per la prima volta, la sostenibilità smette di essere un tema di nicchia o un esercizio di comunicazione per diventare un fattore concreto di competitività e accesso al credito. I numeri dell'ultimo ESG Outlook di CRIF lo certificano senza margini di dubbio: la percentuale di PMI italiane considerate ad alto o molto alto rischio di transizione ecologica scende di 6,6 punti percentuali, mentre cresce di 9,1 punti la quota di imprese che si colloca nelle fasce a basso o moderato impatto.
Non si tratta solo di un miglioramento tecnico. Dietro questi dati c'è un cambiamento culturale profondo, che coinvolge strategie aziendali, scelte di investimento e rapporti con il sistema finanziario.
Il credito premia la sostenibilità
Il dato più significativo arriva dal mondo bancario. Nel corso dell'ultimo anno, la quota di finanziamenti destinata alle imprese con migliori performance ESG è salita al 38,1%, contro il 30% scarso del 2023. Un balzo di otto punti percentuali che racconta una trasformazione in atto: gli istituti di credito non si limitano più a monitorare i rischi ambientali, ma orientano attivamente l'allocazione delle risorse, premiando con tassi più vantaggiosi e condizioni più flessibili chi dimostra impegno concreto verso la transizione.
Per molte PMI questo significa poter accelerare investimenti in efficienza energetica, fonti rinnovabili e innovazione di processo. Un circolo virtuoso che lega sostenibilità e crescita in modo sempre più indissolubile.
La geografia della transizione: chi corre e chi arranca
L'analisi settoriale dell'Osservatorio rivela una transizione a geometria variabile. Alcuni comparti hanno imboccato con decisione la strada del cambiamento. Il settore immobiliare, ad esempio, ha quasi dimezzato il proprio livello di rischio rispetto al 2023, spinto dall'adozione di standard energetici più severi e dall'impulso delle direttive europee sugli edifici. Segnali positivi arrivano anche dalla meccanica, dal tessile, dal turismo e dal commercio automotive, dove l'adozione di tecnologie pulite e modelli di business circolari comincia a produrre risultati misurabili.
Il quadro si complica quando si guarda ai settori tradizionalmente più esposti. Trasporti, logistica e comparto marittimo faticano a tenere il passo, frenati da flotte obsolete e da un'infrastruttura non ancora pronta per la decarbonizzazione. Situazione analoga per chimica, farmaceutica e oil & gas, dove i costi di riconversione restano elevati e la pressione normativa particolarmente intensa.
Eppure, anche nei settori ad alta intensità emissiva si intravede una direzione di marcia. Il ricorso progressivo alle fonti rinnovabili e la riduzione, seppur graduale, della dipendenza dai combustibili fossili dimostrano che il cambiamento è possibile, anche se richiede tempi più lunghi e investimenti più consistenti.
Emissioni: la fotografia dell'efficienza
La GHG intensity, l'indicatore che mette in relazione le emissioni di gas serra con il fatturato aziendale, offre una fotografia precisa dell'efficienza ambientale delle imprese. Nel 2024 questo parametro mostra un lieve miglioramento complessivo, segno che le aziende italiane stanno imparando a produrre valore emettendo meno CO₂.
La distribuzione, però, resta profondamente disomogenea. I settori dei servizi e quelli legati al capitale umano, caratterizzati da emissioni naturalmente contenute, registrano le performance migliori. Ben diversa la situazione nei comparti industriali più pesanti: nei trasporti e nell'agricoltura l'adozione di pratiche a ridotto impatto procede a rilento, ostacolata da barriere economiche e tecnologiche ancora difficili da superare.
Le note positive arrivano dall'energia e dalle utilities, dove gli investimenti in rinnovabili e in tecnologie ad alta efficienza iniziano a tradursi in risultati tangibili sui bilanci di sostenibilità.
Dalla conformità alla competitività
I dati dell'Osservatorio disegnano un'Italia imprenditoriale in movimento. Molte PMI stanno riducendo il proprio profilo di rischio ESG, ma permangono divari significativi tra settori, dimensioni aziendali e aree geografiche. La vera sfida, ora, è trasformare questi progressi da obbligo normativo a vantaggio competitivo.
La transizione ecologica non è più soltanto una risposta alle direttive europee o alle richieste del sistema bancario. È una leva strategica per accedere a nuovi mercati, attrarre investitori istituzionali, rafforzare la reputazione e conquistare la fiducia di clienti sempre più attenti alla sostenibilità delle proprie scelte.
In questo scenario, la misurazione puntuale delle performance ESG e la certificazione degli impegni assunti diventano strumenti indispensabili. Non basta dichiarare, bisogna dimostrare. E chi lo fa con rigore e trasparenza si posiziona un passo avanti rispetto ai concorrenti
Promotergroup Spa affianca le imprese nel percorso verso l'ottenimento delle certificazioni ESG, ambientali e sociali, supportandole nello sviluppo di strategie innovative per affrontare con successo le sfide della transizione ecologica.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E TRASPARENZA: ENTRA IN VIGORE L’OBBLIGO DI INFORMATIVA PER IMPRESE E PROFESSIONISTI
Intelligenza artificiale e trasparenza: entra in vigore l’obbligo di informativa per imprese e professionisti
Dal 10 ottobre è ufficialmente in vigore l’obbligo di informare lavoratori e clienti sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei processi aziendali e professionali.
La novità è introdotta dalla Legge 23 settembre 2025 n. 132, che impone ai datori di lavoro che impiegano sistemi avanzati di IA l’obbligo di informare per iscritto l’interessato e le rappresentanze sindacali (RSA o RSU o, in mancanza, alla sede territoriale del sindacato). Tale obbligo trova il suo fondamento giuridico nell’ art. 11, comma 2, della Legge 132/2025, il quale stabilisce che “Il datore di lavoro o il committente è tenuto a informare il lavoratore dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei casi e con le modalità di cui all’articolo 1 -bis del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152.”.
Questo rappresenta un passaggio decisivo nel percorso verso un uso più consapevole e trasparente delle tecnologie di IA, in linea con i principi dell’AI Act europeo. L’obiettivo è chiaro: garantire che chi subisce gli effetti di un algoritmo sappia quando e come l’intelligenza artificiale viene utilizzata nelle decisioni che lo riguardano.
Un nuovo dovere di trasparenza
Da oggi, i datori di lavoro che impiegano sistemi di IA nei processi di selezione, assegnazione delle mansioni, monitoraggio o valutazione del personale devono fornire un’informativa chiara e completa ai propri dipendenti e, se presenti, alle rappresentanze sindacali.
L’obbligo non si limita a dichiarare l’uso di strumenti automatizzati, ma richiede una comunicazione dettagliata sui dati utilizzati, sulla logica di funzionamento dei sistemi, sulle finalità, sui livelli di accuratezza e sulle misure di controllo umano previste. Inoltre, i lavoratori hanno diritto a chiedere ulteriori chiarimenti scritti, a cui il datore deve rispondere entro trenta giorni.
Ogni modifica significativa nell’uso dei sistemi di IA dovrà essere comunicata in anticipo, così da consentire ai lavoratori di conoscere e comprendere l’impatto delle tecnologie sui propri diritti e sulle proprie condizioni di lavoro.
L’obbligo si estende anche ai professionisti
La nuova disciplina impone una riflessione più ampia sul modo in cui le organizzazioni utilizzano l’intelligenza artificiale. Non si tratta solo di rispettare un obbligo formale, ma di costruire un rapporto di fiducia con lavoratori e clienti, fondato sulla trasparenza.
Sapere quando un algoritmo partecipa a un processo decisionale è oggi un diritto: significa poter comprendere i criteri con cui si valutano le persone, si analizzano i dati o si formulano proposte. Per le imprese, questo passaggio rappresenta anche un’opportunità per consolidare la propria reputazione digitale e dimostrare responsabilità nell’adozione delle nuove tecnologie.
La norma coinvolge anche gli studi professionali: avvocati, commercialisti, consulenti e altri professionisti che utilizzano sistemi di intelligenza artificiale nel proprio lavoro devono informare i clienti in modo esplicito e comprensibile.
L’informativa deve chiarire in quali attività viene impiegata l’IA, con quali limiti e per quali finalità. È espressamente previsto che le tecnologie di supporto non possano sostituire il giudizio professionale umano: la responsabilità del risultato rimane sempre in capo al professionista.
Non sono ancora previste sanzioni specifiche per la mancata informativa, ma si prevede che l’obbligo verrà recepito nei codici deontologici delle diverse categorie.
Oltre la legge, verso un nuovo modello di innovazione
L’introduzione dell’obbligo di informativa segna l’inizio di una nuova fase: la tecnologia entra ufficialmente nel perimetro della compliance e della responsabilità organizzativa.
Le imprese e i professionisti che sapranno coniugare innovazione e chiarezza saranno anche quelli più preparati a costruire un modello di sviluppo sostenibile, fondato sulla fiducia, sulla trasparenza e sulla responsabilità umana.
L’intelligenza artificiale può rappresentare una straordinaria leva di crescita, ma solo se chi la utilizza è disposto a raccontarla, spiegarla e governarla con consapevolezza.
POLIZZE CATASTROFALI: TUTTO QUELLO CHE C'É DA SAPERE SUL NUOVO OBBLIGO PER LE IMPRESE
Polizze Catastrofali: tutto quello che c’è da sapere sul nuovo obbligo per le imprese
Dal 31 marzo 2025 scatterà in Italia un obbligo assicurativo senza precedenti: tutte le imprese iscritte al Registro delle imprese saranno tenute a sottoscrivere una polizza contro i rischi catastrofali derivanti da eventi naturali.
L’obbligo, introdotto dalla legge di Bilancio 2024 e regolato nel dettaglio dal Decreto ministeriale 18/2025 del MEF, nasce dalla crescente esposizione del territorio italiano a fenomeni sismici e alluvionali, ma anche dalla necessità di ridurre la pressione economica sul sistema pubblico di protezione civile.
L’Italia, infatti, presenta il più basso tasso di copertura assicurativa contro i disastri naturali tra i paesi europei più esposti. Secondo dati ANIA, solo il 2,4% delle abitazioni è coperto da una polizza contro i rischi catastrofali. Le microimprese non fanno molto meglio: solo il 3,4% risulta coperto contro le alluvioni e l’8,4% contro i terremoti, mentre la percentuale sale rispettivamente al 28,2% e 32,2% per le piccole imprese, fino ad arrivare a circa due terzi per le medie imprese. Le grandi aziende risultano quasi totalmente assicurate.
Una copertura obbligatoria per tutte le imprese (con poche eccezioni)
Il nuovo obbligo si applica a tutte le imprese, italiane o estere con stabile organizzazione in Italia, che siano iscritte nel Registro delle imprese, in qualsiasi sezione e per qualsiasi finalità. Rientrano dunque nell’obbligo anche le società tra professionisti (Stp) e le società tra avvocati (Sta), nonostante l’attività esercitata non sia propriamente industriale o commerciale. Ne sono escluse unicamente le imprese agricole disciplinate dall’articolo 2135 del Codice civile, come approfondito più avanti.
Le polizze dovranno coprire, obbligatoriamente, i beni strumentali all’attività d’impresa: terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali. Sono esclusi i veicoli iscritti al PRA e le merci. L’obbligo sussiste anche se i beni non sono di proprietà dell’impresa ma sono impiegati a qualunque titolo, per esempio in leasing, locazione, usufrutto o affitto d’azienda. Il principio guida è che siano funzionali all’attività produttiva e non necessariamente iscritti a bilancio.
Eventi coperti, limiti e incertezze
Il perimetro della garanzia obbligatoria è circoscritto a cinque eventi naturali: terremoti, frane, alluvioni, inondazioni ed esondazioni. Esclusi invece eventi come bombe d’acqua, eruzioni vulcaniche, maremoti e, più in generale, i cosiddetti eventi “di contorno” o danni indiretti. Non sono coperti, ad esempio, i danni da interruzione dell’attività produttiva (business interruption), né quelli causati da comportamenti umani negligenti o da abuso edilizio.
Rimangono alcuni nodi interpretativi, ad esempio in merito all’intensità minima dell’evento per attivare l’indennizzo, soprattutto in caso di calamità localizzate che colpiscano un singolo immobile. In caso di stato di emergenza dichiarato, il dubbio non si pone, ma in sua assenza l’operatività resta incerta salvo specifiche clausole contrattuali.
L’obbligo a contrarre e i limiti per le compagnie
Le compagnie assicurative abilitate all’esercizio del ramo 8 danni saranno tenute a offrire copertura, ma solo nei limiti della loro capacità assuntiva. Il decreto consente infatti alle imprese di fissare dei limiti di tolleranza al rischio, oltre i quali potranno rifiutare nuove proposte, previa comunicazione all’IVASS e pubblicazione sul proprio sito. Inoltre, l’obbligo a contrarre non è modulare: l’impresa assicuratrice deve offrire copertura per tutti e cinque gli eventi previsti e non potrà, ad esempio, accettare solo la copertura contro il terremoto escludendo l’alluvione.
Il premio assicurativo potrà tuttavia essere differenziato in base al rischio effettivo dell’area geografica e anche in relazione alle misure preventive adottate dall’impresa, in una logica di premialità.
Tempistiche e regole transitorie
Il termine per la stipula della copertura è il 31 marzo 2025. Entro quella data, tutte le imprese obbligate dovranno essere dotate di una polizza conforme alle disposizioni di legge. Le polizze già in essere potranno essere mantenute solo se adeguate entro il primo rinnovo utile o quietanzamento successivo. È escluso che polizze generiche contro eventi atmosferici (come grandine o gelo) possano essere considerate valide: la copertura deve includere almeno uno degli eventi catastrofali previsti dalla legge.
Per i contratti collettivi con adesione individuale, la scadenza si applica al singolo contratto del partecipante. In caso di inadempienza, la sanzione amministrativa prevista va da 200.000 euro a 1 milione di euro. Oltre alla multa, le imprese rischiano l’esclusione da qualsiasi contributo, sovvenzione o agevolazione pubblica, anche non legata a eventi calamitosi.
La compartecipazione pubblica
Un elemento innovativo del sistema è la compartecipazione pubblica al rischio, attraverso l’intervento di SACE, che riassicurerà fino al 50% degli indennizzi versati dalle compagnie, con un tetto annuale di 5 miliardi di euro. L’obiettivo è quello di garantire la sostenibilità del sistema, specie per i rischi ad alto impatto.
È anche prevista, grazie alla legge quadro sulle ricostruzioni post calamità, la possibilità per le imprese danneggiate di richiedere un anticipo pari al 30% dell’indennizzo, anche in assenza di previsione contrattuale, per favorire la ripresa dell’attività.
Focus: l’agricoltura e l’eccezione prevista
Le imprese agricole sono espressamente escluse dall’obbligo di assicurarsi contro i rischi catastrofali. La legge 213/2023, al comma 111 dell’articolo 1, richiama le imprese definite dall’articolo 2135 del Codice civile, che si occupano di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Tuttavia, permangono ambiguità interpretative. Il fondo mutualistico nazionale previsto dalla legge 234/2021 copre infatti solo le produzioni agricole vegetali, escludendo quindi gran parte dei beni aziendali (come fabbricati, impianti e attrezzature), che nelle altre imprese sono invece obbligatoriamente assicurabili. Restano quindi scoperti gli immobili strumentali delle aziende agricole, comprese quelle che si occupano di trasformazione, conservazione o commercializzazione dei prodotti.
Per quanto riguarda il comparto ittico, la distinzione è sottile: gli acquacoltori (che allevano organismi acquatici e sviluppano cicli biologici) sono esonerati come gli agricoltori, mentre i pescatori professionali, titolari di licenza di pesca, non godono di esenzione e rientrano negli obblighi assicurativi.
LICENZIARE PER GIUSTA CAUSA IL WHISTLEBLOWER CHE NON RISPETTA LE PROCEDURE: LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Confermato il licenziamento di una dipendente per violazione delle procedure di segnalazione.
Con la sentenza 27 giugno 2024, n. 17715, la Cassazione torna ad occuparsi di whistleblowing tracciando il confine che separa l’uso o l’abuso di tale istituto che tutela i dipendenti che segnalano condotte illecite di cui sono venuti a conoscenza durante l’attività lavorativa. Secondo la sentenza, un lavoratore che segnala illeciti senza rispettare le procedure previste dal regolamento di whistleblowing può essere legittimamente licenziato.
I fatti da cui muove la segnalazione di whistleblowing
Il caso, sottoposto all’attenzione della Corte, riguarda la segnalazione di una dipendente che aveva denunciato la presunta condotta illecita del Direttore di Roma 1, accusato di aver sottratto fondi pubblici dal MIUR destinati al progetto premiale per il periodo 2012-2018, spettanti alla stessa dipendente che denunciava anche il plagio, il danno intellettuale, finanziario, di carriera e a danno di terzi. Tuttavia, la dipendente aveva inoltrato a vari destinatari (anche estranei ai reparti di competenza dell’ente datore di lavoro) il modello per la segnalazione di condotte illecite senza garantire la segretezza e trasmettendo dati sensibili che hanno leso il rapporto fiduciario tra la stessa ricorrente che si trovava in una posizione particolare di responsabilità in quanto dirigente e il datore di lavoro. Per questa ragione, l’Ente si era espresso concludendo che la segnalazione della dipendente “non poteva essere considerata come rientrante nelle tutele di cui all’art. 54-bis del D. Lgs. N. 165/2001, in quanto non era stata trasmessa con le modalità previste dal piano triennale di prevenzione della corruzione, 2018-2020, e che, in ogni caso, dalla relazione del responsabile anticorruzione non era emersa alcuna anomalia nella gestione delle vicende segnalate”.
A questi fatti, va aggiunta la vicenda che vedeva la medesima dipendente contattare un professore universitario (associato allo stesso Ente datore di lavoro) e registrare una conversazione che poi sarebbe stata pubblicata su Facebook lasciando che il soggetto venisse riconosciuto per strumentalizzare la conversazione privata. Il procedimento disciplinare, scaturito dalla segnalazione di whistleblowing, si è concluso con il licenziamento per giusta causa della dipendente che dopo i vari giudizi si è rivolta alla Corte di Cassazione.
La sentenza della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della dipendente confermando le valutazioni dei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha stabilito che la registrazione segreta di una conversazione con un professore, successivamente pubblicata sui social media, non può essere considerata una difesa legittima per proteggere la propria posizione lavorativa.
Anche se le registrazioni segrete tra colleghi non sono sempre illegittime, devono essere giustificate da una reale necessità difensiva così come previsto dall’art. 54-bis D.Lgs. n. 165 del 2001. Questa protezione, tuttavia, non si estende a chi raccoglie prove di illeciti violando la legge. Pertanto, la Corte Costituzionale ha ritenuto legittimo il licenziamento della dipendente, poiché non vi era alcun nesso causale tra la registrazione e la segnalazione di illeciti. La normativa sul whistleblowing protegge infatti i dipendenti dalle sanzioni per la segnalazione di illeciti altrui, ma non copre gli illeciti autonomi commessi dai segnalanti stessi.
Promotergroup S.p.A. è in grado di offrire assistenza e consulenza alle aziende per implementare una procedura Whistleblowing conforme al D.Lgs. 24/2023.
Se ancora non hai implementato un canale di segnalazione o hai dei dubbi contattaci: www.promotergroup.eu/index.php/contattaci
DECRETO AGRICOLTURA 2024: COSA CAMBIA PER LE IMPRESE
DECRETO AGRICOLTURA 2024: COSA CAMBIA PER LE IMPRESE
Aiuti alle imprese, stretta al fotovoltaico, lotta al caporalato e credito d’imposta Zes Unica
Il 12 luglio 2024 è stato convertito in legge, con la legge n. 101/2024, il D.L. 15 maggio 2024, n. 63, recante “Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale”. Nel nuovo cd. Decreto Agricoltura non mancano aiuti per le crisi di mercato, sostegni contro le fitopatie, restrizioni sugli impianti fotovoltaici e misure per affrontare emergenze come quella derivante dal granchio blu. Il provvedimento contiene pure un pacchetto lavoro e informazioni riguardanti la Carta ‘Dedicata a te’.
Passiamo in rassegna alcune misure previste dal Decreto legge.
Moratoria sui mutui
Il Decreto prevede misure a sostegno delle filiere produttive maggiormente colpite dalle congiunture sfavorevoli derivanti dal contesto geopolitico attuale che intervengono con urgenza per il settore cerealicolo, vitivinicolo, florovivaistico, della pesca e dell’acquacoltura. Le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura che hanno subito una riduzione del volume d'affari, pari almeno al 20 %, o hanno subito una riduzione della produzione, pari almeno al 30 %, o, nel caso delle cooperative agricole, una riduzione pari almeno al 20%, delle quantità conferite o della produzione primaria, rispetto all'anno precedente, previa presentazione di un'autocertificazione, possono avvalersi della sospensione per dodici mesi del pagamento della parte capitale della rata dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, in scadenza nell'anno 2024.
Stretta agli impianti fotovoltaici su suolo agricolo
Vengono introdotte limitazioni per quanto riguarda l’istallazione di impianti fotovoltaici con modulo a terra nelle zone classificate agricole con alcune eccezioni che riguardano:
- Interventi di modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già istallati;
- Impianti fotovoltaici a terra realizzati in aree già coperte da strumenti urbanistici che ne consentono l’istallazione, a condizione che i lavori siano iniziati entro il 13 maggio 2024;
- Impianti fotovoltaici a terra di potenza non superiore a 1 kilowatt realizzati su fabbricati rurali o annessi agricoli;
- Impianti fotovoltaici flottanti su bacini idrici artificiali;
Gli investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per il Parco Agrisolare e l’agrivoltaico sono stati comunque tutelati.
Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura
Si istituirà, presso il Ministero del Lavoro, un sistema informativo per il contrasto del caporalato in agricoltura. Questo strumento permetterà di condividere le informazioni tra le amministrazioni statali e le regioni al fine di mettere a punto un sistema di monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di caporalato e lavoro sommerso in ambito agricolo. Nel testo è presente anche la realizzazione di una banca dati sui contratti di appalto in agricoltura dove dovranno registrarsi tutte le imprese non agricole, con i relativi dipendenti addetti alla raccolta di prodotti agricoli o alla pulitura e all’imballaggio dei prodotti ortofrutticoli, e le imprese che si occupano di lavori e servizi di sistemazione e di manutenzione agraria e forestale, con dipendenti addetti a tali attività che intendono partecipare ad appalti in cui l’impresa committente sia un’impresa agricola.
Misure per contrastare l’emergenza granchio blu e la Psa
Il Decreto prevede la nomina di un Commissario straordinario nazionale per mettere in campo un piano di intervento per contrastare l’emergenza rappresentata dalla diffusione della specie invasiva del granchio blu. Interventi aggiuntivi si annunciano invece per il contrasto alla peste suina africana (Psa) anche con l’utilizzo dell’Esercito Italiano con 177 unità a disposizione di un Commissario e con lo stanziamento di risorse economiche, circa 20 milioni, alle imprese per rafforzare le misure di biosicurezza negli allevamenti.
Credito d’imposta Zes Unica
Per il 2024, le imprese attive nei settori agricolo e della pesca possono beneficiare del credito d’imposta ZES Unica, un'opportunità per chi investe in beni strumentali nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise e in alcune zone dell’Abruzzo. Gli investimenti ammessi, da effettuare tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2024, comprendono l'acquisto di nuovi macchinari, impianti, attrezzature, terreni e immobili strumentali. Tuttavia, il valore di terreni e immobili non deve superare il 50% del valore complessivo dell’investimento agevolato. Il credito d’imposta rispetta le normative europee sugli aiuti di Stato per i settori agricolo e ittico, offrendo un sostegno significativo per lo sviluppo di queste attività nelle aree designate.
Per maggiori informazioni potete contattarci allo 0932/862613, inviando una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o www.promotergroup.eu/index.php/contattaci
LE NOVITÀ INTRODOTTE DAL DECRETO SEMPLIFICAZIONE DEI CONTROLLI SULLE ATTIVITÀ ECONOMICHE (D.LGS. 103/2024)
LE NOVITÀ INTRODOTTE DAL DECRETO SEMPLIFICAZIONI DEI CONTROLLI SULLE ATTIVITÀ ECONOMICHE (D.LGS. 103/2024)
Si passa da una logica sanzionatoria a una preventiva e collaborativa che premia e incentiva i comportamenti virtuosi delle imprese.
Il Decreto Legislativo 12 luglio 2024, n. 103 - “Semplificazione dei controlli sulle attività economiche” - riporta alcune misure, in attuazione della legge per la concorrenza 5 agosto 2022, n. 118, che riguardano la razionalizzazione dei controlli sulle attività economiche e i controlli in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Vediamo in seguito cosa cambia per il sistema impresa.
Il decreto introduce diverse misure per la razionalizzazione dei controlli amministrativi sulle attività economiche con lo scopo di snellire la burocrazia e migliorare l’efficienza dei controlli:
- Censimento degli obblighi: viene istituito un censimento di tutti gli obblighi e adempimenti oggetto di verifica. Gli organi di vigilanza (SPreSaL, INAIL, ARPA, Isp. del Lavoro, ecc.) pubblicheranno le linee guida e FAQ per informare le imprese sulle procedure di controllo, aumentando la trasparenza e la consapevolezza delle imprese riguardo ai requisiti normativi.
- Programmazione pluriennale: le attività di controllo saranno programmate su base annuale o pluriennale, tenendo conto della probabilità del rischio di violazioni e pregiudizi all’interesse pubblico. Questo approccio permetterà di allocare le risorse di controllo in modo più efficiente, concentrandosi sui settori e sulle aziende con maggiori probabilità di violazioni. Le sanzioni irrogate saranno proporzionate alla dimensione del soggetto controllato, alla tipologia dell’attività svolta e alla gravità delle violazioni.
- Automatizzazione dei controlli: Saranno implementati i controlli automatizzati con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, ciò consentirà di ridurre il carico burocratico, migliorare la qualità delle ispezioni intervenendo tempestivamente in quei casi di sospetta violazione.
Sicurezza sul lavoro e controlli alle imprese: cosa cambia col decreto 103/2024
La sicurezza sul lavoro compare nel decreto all’art. 3 assieme alla protezione ambientale e all’igiene e sicurezza pubblica tra gli ambiti ai quali si applica il “Sistema di identificazione e valutazione del livello di rischio basso dell’attività economica”.
Per certificare il livello di “rischio basso” si introduce un bollino certificativo che consente a un’impresa di essere sottoposta a controlli con frequenza non inferiore a un anno. Il livello di rischio basso per ogni ambito, compresa dunque la sicurezza sul lavoro, verrà definito dall’UNI (Ente Italiano di Normazione) che dovrà elaborare norme tecniche o linee guida approvate dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il rischio basso d’impresa, come previso dal comma 3 art. 3, poggia su una serie di parametri quali: possedere una certificazione del sistema di gestione, rilasciata da un organismo di certificazione accreditato ai sensi del regolamento n. 765/2008 del 9 luglio 2008; l’ottenimento di certificazioni afferenti ai principi ESG (Environmental, Social, Governance); il settore economico cui opera il soggetto controllato; l’esito dei controlli subiti nei precedenti tre anni di attività; le caratteristiche dell’attività economica svolta dal soggetto controllato. Il decreto introduce anche un sistema premiale che permette alle aziende che superano con successo un controllo ispettivo di ottenere una “franchigia” corrispondente ad un periodo di dieci mesi successivi all’accertamento stesso, durante i quali l’azienda non potrà essere soggetta a controlli. Per ottimizzare i tempi e le risorse delle amministrazioni e alleggerire le incombenze dell’azienda controllata, i controlli non superiori ai dodici mesi potranno comunque essere effettuati congiuntamente da più organi di vigilanza.
- Come ottenere il Report certificativo di basso rischio
Il Report certificativo del basso rischio di attività sarà rilasciato da organismi di certificazione, ispezione e validazione o verifica, accreditati presso l’Organismo nazionale di accreditamento (MLA) e dell’Associazione di cooperazione europea per l’accreditamento (EA) a quei soggetti che ne faranno domanda rivolgendosi ad uno degli organismi nominati al comma 4 art. 3. In seguito al rilascio del report certificativo di basso rischio, l’organismo di certificazione sottoporrà il soggetto controllato ad audit periodici per verificare il mantenimento della conformità alla normativa di riferimento. I controlli in ambito di sicurezza su lavoro verranno comunque svolti in caso di richiesta dell’autorità giudiziaria o in seguito a segnalazioni provenienti da soggetti privati o pubblici così come nei casi previsi dall’UE o di controlli per la sicurezza sui luoghi di lavoro.
- La diffida amministrativa: tra errore scusabile e mancati adempimenti
L'Articolo 6 del Decreto Legislativo 103/2024 disciplina le violazioni sanabili e i casi di non punibilità per errore scusabile. Se un'azienda commette per la prima volta una violazione con sanzione amministrativa non superiore a cinquemila euro nell'arco di cinque anni, l'organo di controllo può emettere una diffida amministrativa, concedendo venti giorni per ottemperare alle prescrizioni violate ed estinguere il reato. L'adempimento alla diffida estingue il procedimento sanzionatorio, ma la diffida non si applica alle violazioni riguardanti la sicurezza sui luoghi di lavoro, la salute e l'incolumità pubblica. Se l'azienda non adempie, l'organo procede con la contestazione e la violazione viene notificata secondo la legge 24 novembre 1981, n. 689. La mancata ottemperanza o le violazioni gravi comportano la revoca del Report certificativo di conformità. Le norme specifiche per le violazioni agroalimentari restano in vigore. Inoltre, un'azienda non è responsabile per violazioni commesse per errore non determinato da colpa, garantendo così un approccio bilanciato tra tolleranza per errori minori e rigore per la sicurezza.
Il Decreto Legislativo 103/2024 rappresenta un tentativo significativo di bilanciare la semplificazione dei controlli aziendali con la necessità di mantenere elevati standard di sicurezza sul lavoro. Attraverso misure innovative e un approccio basato sul rischio, il decreto mira a promuovere la conformità e la responsabilità tra le imprese, migliorando al contempo l'efficienza e l'efficacia delle ispezioni. Queste modifiche si allineano agli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), cercando di creare un ambiente di lavoro più sicuro e competitivo.
IL CONSUMO DI ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA È CROLLATO DEL 6,6%
IL CONSUMO DI ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA È CROLLATO DEL 6,6%
Il report mensile di Terna rileva un calo dei consumi e un quadro positivo per rinnovabili ed export.
L’aumento dell’energia elettrica è stato uno dei temi più dibattuti di questo periodo e i cittadini e le imprese italiane hanno reagito consumando meno. È quanto emerge dai dati rilevati da Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale. In particolare, a ottobre la domanda complessiva di elettricità del paese è stata pari a 24,6 miliardi di chilowattora, un valore più basso del 6,6% rispetto allo stesso mese del 2021. Nel dettaglio Terna, ha rilevato che a incidere sul calo della richiesta di energia è stata senza dubbio anche la temperatura mite di questo autunno, durante il quale si è registrato un aumento di 2,8 gradi rispetto a un anno fa; la domanda di elettricità nel nostro Paese è stata pari complessivamente a 24,6 miliardi di chilowattora. Il dato assume ancora più rilievo se comparato a quello della richiesta nazionale di energia dei primi dieci mesi del 2022, cresciuta dello 0,5% rispetto al corrispondente periodo del 2021. L’aumento delle temperature ha inciso anche sulla produzione di energia alternativa: la domanda delle fonti rinnovabili è cresciuta complessivamente di un +17,6%, soddisfacendo circa il 28% della domanda elettrica, con un boom del fotovoltaico. In calo invece l’eolico (-35,9%), l’idrico (-36,8%) e il geotermico (-3,2%). In tale ambito, la produzione è quindi derivata per il 30,4% dal fotovoltaico, per il 26% dall’idrico, per il 15,4% dall’eolico, per il 21% dalle biomasse e per il 6,6% dal biotermico.
Aree geografiche
La diminuzione della domanda di energia elettrica nel mese di ottobre è più accentuata al nord, dove è calata del 7,1%. Più basso è invece il dato registrato al centro e al sud, isole comprese, zone in cui raggiunge rispettivamente il -6,7 e il -5,3%. A ottobre la domanda di energia elettrica nazionale è stata soddisfatta per l’85,7% attraverso la produzione italiana e per la parte restante, il 14,3%, dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta è risultata pari a 21,3 miliardi di chilowattora, circa il 4,6% in meno rispetto allo scorso anno. Per abbattere i costi del gas, il governo ha istituito un programma di massimizzazione della produzione di carbone, il quale è cresciuto del 56,6% facendo volare anche l’export che ha registrato un aumento di circa il 107,9%.
DECRETO AIUTI-TER CONVERTITO IN LEGGE: LE NOVITÀ
DECRETO AIUTI-TER CONVERTITO IN LEGGE: LE NOVITÀ
Sblocco mutui per l'acquisto della prima casa, bonus 150 euro per i dipendenti pubblici e sanatoria per il bonus ricerca e sviluppo.
Il Decreto Aiuti Ter è approdato in Gazzetta Ufficiale dopo la sua conversione in legge, confermando le novità apportate al testo del provvedimento durante l’iter parlamentare. Si tratta della Legge 175/2022 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, recante ulteriori misure urgenti in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese, politiche sociali e per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – pubblicata in G.U. n. 269 del 17 novembre 2022. Le principali novità riguardano la clausola per sbloccare a dicembre i mutui agevolati prima casa, il bonus 150 euro ai dipendenti pubblici senza autodichiarazione e il rinvio sulla restituzione del bonus ricerca e sviluppo.
Mutui prima casa
L’articolo 35 bis modifica le regole di accesso al fondo di garanzia per la prima casa: la garanzia massima dell’80 per cento sulla quota capitale dei mutui destinati alle categorie prioritarie può essere concessa anche quando il Tasso Effettivo Globale (TEG) risulti superiore al Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM). Questa particolare disposizione si applica alle domande presentate esclusivamente nel mese di dicembre 2022 e riguarda coloro che hanno un ISEE non superiore a 40.000 euro e rientrano nelle seguenti categorie:
- giovani coppie;
- nuclei familiari monogenitoriali con figli minori;
- giovani di età inferiore ai 36 anni;
- conduttori di alloggi IACP.
Bonus 150 euro
Il Decreto Aiuti ter in linea di continuità con i precedenti provvedimenti ha introdotto una serie di misure per contrastare gli effetti della crisi energetica e dell’inflazione. Ad esempio nell’articolo 18 che ha introdotto il bonus 150 euro per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti con una retribuzione fino a 1.538 euro viene specificato che i dipendenti pubblici non dovranno presentare alcuna autodichiarazione per ottenere il pagamento dell’indennità contro il caro prezzi.
Bonus ricerca e sviluppo
L’articolo 38 è stato riscritto, così da consentire la proroga di un anno per il riversamento spontaneo del bonus R&S indebitamente utilizzato. Ecco il nuovo calendario:
NUOVA SCADENZA RESTITUZIONE BONUS R&S
31 ottobre 2023: adesione procedura di riversamento
16 dicembre 2023: prima rata (o unica rata senza rateazione)
16 dicembre 2024: seconda rata
16 dicembre 2025: terza rata
17 dicembre 2023: termine dopo il quale sono dovuti gli interessi
DL AIUTI QUATER APPROVATO: CARO BOLLETTE, TAGLIO DEL SUPERBONUS E FRINGE BENEFIT
DL AIUTI QUATER APPROVATO: CARO BOLLETTE, TAGLIO DEL SUPERBONUS E FRINGE BENEFIT
Il nuovo decreto da 13 articoli conta complessivamente oltre 9 miliardi di euro.
Approvato il 10 novembre in Consiglio dei Ministri il Decreto Aiuti quater che prevede misure per contrastare il caro bollette, il taglio del Superbonus al 90% dal 2023, la mini proroga a marzo per le villette con una serie di paletti stringenti, l’innalzamento del tetto ai contanti fino a 5mila euro, un bonus per i registratori di cassa telematici e la soglia esentasse per i fringe benefit aziendali fino a 3mila euro. Il governo interviene contro il caro-energia con una cifra complessiva di poco superiore ai 9 miliardi di euro. Il dl proroga innanzitutto, fino alla fine dell'anno, i crediti di imposta per le imprese (con aliquote potenziate al 40% per le imprese energivore e gasivore e al 30% per piccole che usano energia con potenza a partire dai 4,5 kW) e il taglio delle accise della benzina (sarebbe scaduto il 18 novembre, viene spostato al 31 dicembre): due misure che complessivamente assorbono circa 4,4 miliardi. La proroga vale anche per le attività come bar, ristoranti ed esercizi commerciali.
Le imprese potranno chiedere la rateizzazione delle bollette di luce e gas. La misura è destinata alle "imprese residenti in Italia" e concede la possibilità di rateizzare gli importi "eccedenti l'importo medio contabilizzato" nell'intero 2021 per i consumi effettuati dal "1° ottobre 2022 al 31 marzo 2023" e fatturati entro il "31 dicembre 2023". Nel decreto viene inclusa anche la norma, annunciata con l'approvazione della revisione della Nadef, che consentirà di liberare alcuni permessi per l’estrazione del gas nazionale e di approvare nuove concessioni in deroga al Pitesai, ovvero, la mappa delle aree idonee alle operazioni. Si tratta, in buona sostanza, di interventi che vengono attuati in deroga al divieto alle trivellazioni previsto dalle norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale. Presente nel decreto anche la misura che fa salire a 5mila euro la soglia entro cui è possibile pagare in contanti. Sarà quindi modificata l'attuale normativa secondo cui il tetto dal primo gennaio sarebbe stato ridotto da 2.000 a mille euro.
Bonus per i registratori telematici
L’esecutivo, per incentivare l’utilizzo dei pagamenti elettronici stanzia 80 milioni di euro per il 2023, destinati a contributi per i commercianti obbligati alla trasmissione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle entrate. Il bonus, da utilizzare in compensazione come credito d’imposta, è pari al 100% della spesa sostenuta, fino a 50 euro per ogni registratore telematico acquistato.
Premi aziendali esentasse
L’articolo 3 del decreto prevede, inoltre, l’aumento da 600 a 3mila euro della soglia della no tax area dei premi che le imprese potranno concedere ai dipendenti come “fringe benefit” per pagare le bollette. Il dl Aiuti quater ricalca, alzandone il tetto, la norma del dl Aiuti bis. Il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore dipendente, nonché le somme erogate o rimborsate allo stesso dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas, non concorreranno dunque a formare il reddito imponibile nel nuovo limite di 3.000 euro.
Superbonus
Arriva infine la revisione del Superbonus: la norma non risolve il problema dei crediti incagliati ma abbassa nel 2023 la percentuale dello sconto dal 110% al 90%. Il taglio vale sia per i condomini che per le villette, che sarebbero altrimenti rimaste del tutto escluse dal bonus, ma purché siano abitazione principale e purché il proprietario abbia un reddito inferiore ai 15.000 euro (soglia variabile in base al quoziente familiare). Per chi però ha già iniziato i lavori portandone a termine il 30% entro settembre di quest'anno, il bonus resta super al 110% fino al 31 marzo 2023.
GREEN ECONOMY: IN AUMENTO IMPRESE E OPPORTUNITÀ DI LAVORO
GREEN ECONOMY: IN AUMENTO IMPRESE E OPPORTUNITÀ DI LAVORO
Presentata la tredicesima edizione del Rapporto GreenItaly 2022, realizzato da Fondazione Symbola ed Unioncamere.
Sono 531mila le imprese italiane della Green Economy nate negli ultimi 5 anni, dal 2017 al 2021. Una cifra che mostra un interesse crescente verso la sostenibilità, oggi rafforzato dalle risorse stanziate dal Recovery Plan. L’economia verde le cui caratteristiche peculiari sono un forte orientamento all’innovazione, al miglioramento effettivo delle prestazioni in un’ottica integrata di ciclo di vita, ad un coinvolgimento sistemico dei diversi attori, è una leva attraverso cui cogliere nuove opportunità di business, riorganizzandosi intorno a quei valori di qualità e di tutela del territorio.
Secondo il recente Rapporto GreenItaly realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, si coglie un’accelerazione verso un’economia che punta sulla sostenibilità, sull’innovazione, sulle comunità energetiche e sui territori, tanto che nel 2021 è aumentata la quota di imprese eco-investitrici, rilanciando il processo di transizione verde del Paese. Il numero delle aziende che hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green rappresenta un dato significativo. Le imprese eco-investitrici sono più dinamiche sui mercati esteri, aumentano di più il fatturato e soprattutto resistono maggiormente alla crisi. Nel quinquennio 2017-2021, più di 1 impresa su 3 ha effettuato eco-investimenti, 2 imprese su 5 nell’industria manifatturiera; tra queste quelle che hanno visto un aumento dell’export nel 2017 sono il 34% fra chi ha investito nel green contro il 27% tra chi non ha investito. Queste imprese innovano più delle altre, quasi il doppio: il 79% ha sviluppato attività di innovazione, contro il 43% delle non investitrici. Innovazione che guarda anche a Impresa 4.0: mentre tra le imprese investitrici nel green il 26% adotta tecnologie 4.0, tra quelle non investitrici tale quota si ferma all’11%. Sospinto da export e innovazione, anche il fatturato cresce: basti pensare che un aumento del fatturato nel 2017 ha coinvolto il 32% delle imprese che investono green (sempre con riferimento al manifatturiero tra 5 e 499 addetti) contro il 24% nel caso di quelle non investitrici.
È importante anche sottolineare come la forte crescita degli investimenti delle imprese nelle aree in ritardo (Centro e Mezzogiorno) ha di fatto ridotto gli squilibri territoriali rilevati nelle precedenti indagini. Ciò che emerge dal report è come la green economy e la sostenibilità rafforzino nelle imprese la competitività e la capacità di rispondere alle crisi.
Occupazione
Alla green economy si devono già 2 milioni 998 mila green jobs, ossia occupati che applicano competenze “verdi”. Il 13% dell’occupazione complessiva nazionale. Nel 2021 si stima che le attivazioni di contratti green siano state superiori a 1.600 mila unità pari al 34,5% della totalità dei contratti attivati (+443 mila unità). Le figure ricercate dalle aziende sono professionisti qualificati ed esperti, chiamati a operare specialmente nelle aree aziendali ad alto valore aggiunto. Dal punto di vista territoriale, a fine anno gli occupati nel comparto erano pari a 3.095,8 mila unità, di cui 1.017,8 mila unità al Nord-Ovest, 741,2 mila nel Nord-Est, 687,9 mila unità nel Mezzogiorno e le restanti 648,8 mila al Centro.


